IL DOMENICANO BIANCO", L'ULTIMO GRANDE ALBUM DE IL SEGNO DEL COMANDO.


Licenziato dalla Nadir Records e distribuito dalla Black Widow esce l'ultimo capolavoro de Il Segno del Comando, "Il domenicano Bianco", che chiude la trilogia dedicata a G. Meyrick.      

 Pubblicato a cinque anni di distanza dall'ultimo parto discografico (l'Incanto dello Zero), la formazione genovese de Il Segno del Comando centra un altro capolavoro riprendendo ancora una volta una novella dell'amato Gustav Meyrink (1858-1932), scrittore austriaco, vissuto vent'anni a Praga, tra i più originali del suo tempo per quella sua continua ricerca spirituale che fu il fondamento della sua esistenza.

L'album si intitola "Il domenicano bianco" e si compone di otto brani scritti da Diego Banchero, bassista e leader della band, (ad eccezione de "Il dissolvimento del Corpo con la Spada", composto con Davide Bruzzi) che insegue ancora una volta, sulle tracce di Meyrink, quell'equilibrio dinamico tra ricerca spirituale e suono d'atmosfera, che sta alla base di questo superbo lavoro, con un sound tra i più originali del rock italiano contemporaneo.


Un suono dunque di stampo progressive venato di sonorità esoteriche dagli effetti inquietanti che possiamo già verificare nel brano d'apertura (Il libro color Cinabro). Si tratta di uno strumentale dominato dalle tastiere dark di Davide Bruzzi e Beppi Menozzi, dove sin dalle prime note si assapora quel senso del male sovrapposto al mistero. Una introduzione che non lascia dubbi sulla natura concettuale dell'opera.

Poi il suono diventa più convenzionale con "La bianca strada" in cui la chitarra lancinante di Roberto Lucanato prende il sopravvento seguita dalla voce dell'ottimo Riccardo Morello, molto incisiva, immerso in quell'avvolgente suono che prende qualcosa dai Goblin, continuando con "Il domenicano bianco", che nonostante il nome lo faccia pensare si tratta invece di un intreccio in cui prevalgono discipline orientali, (taoiste ed esoteriche), sino ad "Ofelia", la quarta traccia, a mio avviso il brano più bello dell'album che possiede una linea melodica molto seducente (respiro nostalgia mista a infelicità), il grande amore di Cristoforo Colombaia protagonista del racconto di Meyrink, che ricorda certo progressivo anni settanta. Con "La testa di Medusa" (il simbolo della pseudo spiritualità) tornano i suoni d'organo imbastiti da Bruzzi che pulsano di inquietudine, di oscuri presagi, che introducono "Il dissolvimento del corpo con la spada", altra perla dell'album, ancora uno strumentale, dove la batteria di Fernando Cherchi e il basso di Diego Banchero dettano la linea su un tappeto sonoro di matrice Prog molto penetrante. Dopo "Missa Nigra 2023, altro brano capolavoro (Attorno al tavolo tetre figure/Ricca platea di cupe creature), dal ritmo incalzante e sostenuto, l'album si chiude con "Solitudine", l'ultimo strumentale, l'epilogo, il sussulto finale, dove sembra assopirsi la cupa atmosfera finora dominante, per fare posto alla quiete, al "sonno spirituale" caro al pensiero di Meyrink.


Il Domenicano Bianco è un album che raggiunge vertici assoluti, che supera finanche il pur lodevole predecessore, che chiude la trilogia dedicata a Gustav Meyrink (Der Golem e il Volto Verde i precedenti album) che testimonia la grande passione di Diego Banchero (foto a lato) per le Opere dell''Autore austriaco, e sopratutto per la grande professionalità con cui Il Segno del Comando, storica band genovese formata nel 1998, si pone davanti ad un lavoro concettuale, complesso, di non facile elaborazione, e come, infine, poi i risultati diano loro ragione.


LUIGI CIAVARELLA

   

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