IL DOMENICANO BIANCO", L'ULTIMO GRANDE ALBUM DE IL SEGNO DEL COMANDO.
Licenziato dalla Nadir Records e distribuito dalla Black Widow esce l'ultimo capolavoro de Il Segno del Comando, "Il domenicano Bianco", che chiude la trilogia dedicata a G. Meyrick.
L'album si intitola "Il domenicano
bianco" e si compone di otto brani scritti da Diego Banchero, bassista e leader della band, (ad eccezione de
"Il dissolvimento del Corpo con la Spada", composto con Davide Bruzzi) che insegue ancora una
volta, sulle tracce di Meyrink, quell'equilibrio dinamico tra ricerca spirituale
e suono d'atmosfera, che sta alla base di questo superbo lavoro, con un sound
tra i più originali del rock italiano contemporaneo.
Poi il suono diventa più convenzionale con "La bianca strada" in cui la
chitarra lancinante di Roberto Lucanato
prende il sopravvento seguita dalla voce dell'ottimo Riccardo Morello, molto incisiva, immerso in quell'avvolgente suono
che prende qualcosa dai Goblin, continuando con "Il domenicano
bianco", che nonostante il nome lo faccia pensare si tratta invece di un
intreccio in cui prevalgono discipline orientali, (taoiste ed esoteriche), sino
ad "Ofelia", la quarta traccia, a mio avviso il brano più bello
dell'album che possiede una linea melodica molto seducente (respiro nostalgia mista a infelicità),
il grande amore di Cristoforo
Colombaia protagonista del racconto di Meyrink, che ricorda certo
progressivo anni settanta. Con "La testa di Medusa" (il simbolo della
pseudo spiritualità) tornano i suoni d'organo imbastiti da Bruzzi che pulsano
di inquietudine, di oscuri presagi, che introducono "Il dissolvimento del
corpo con la spada", altra perla dell'album, ancora uno strumentale, dove
la batteria di Fernando Cherchi e il
basso di Diego Banchero dettano la
linea su un tappeto sonoro di matrice Prog molto penetrante. Dopo "Missa
Nigra 2023, altro brano capolavoro (Attorno
al tavolo tetre figure/Ricca platea
di cupe creature), dal ritmo incalzante e sostenuto, l'album si chiude con
"Solitudine", l'ultimo strumentale, l'epilogo, il sussulto finale, dove sembra assopirsi la
cupa atmosfera finora dominante, per fare posto alla quiete, al "sonno
spirituale" caro al pensiero di Meyrink.
LUIGI
CIAVARELLA
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