"BARBARA" DI PREVERT, OVVERO L'AMORE AI TEMPI DELLA GUERRA.





Composta nel 1944, Jacques Prévert scrive questa poesia dedicandola a Barbara, la ragazza di cui è innamorato in quel frangente, osservandola una mattina mentre sta attraversando una stradina di Brest (grondante, rapita, raggiante), in una giornata di pioggia incessante. Sullo sfondo la tragedia della "'inutilità della guerra" che sta devastando il mondo di sofferenze. E' una poesia d'amore tipica del poeta francese, immediata nella scrittura, quasi composta d'impeto come sua abitudine, asciutta, senza artifici letterari aggiunti al testo.

Ma questo sguardo pieno di trepidante attesa per lei, che prelude ad un incontro, ad un sentimento ritrovato, gli impongono anche alcune riflessioni dettate dalla tragica attualità che lo sovrasta ("Oh Barbara, Che cazzata la guerra!), suggerendogli una duplice, contrapposta, osservazione dei fatti: da una parte l'innocenza dell'amore colta nella sua profondità più pura e, allo stesso tempo, l'efferatezza di una condizione umana inaccettabile come la guerra, ("Sotto questa pioggia di ferro/di fuoco acciaio e sangue"). Due considerazioni contrapposte che, sulla distanza, diventeranno il filo conduttore della sua scrittura, diviso sempre sul concetto della contraddizione umana, come dire luce e tenebre, speranza e morte, tutto ciò che determina il destino del mondo. 

Questa poesia fa parte del suo primo volume di liriche pubblicato nel 1946, "Paroles", forse la raccolta di poesie più importante del poeta francese, senz'altro la più famosa, data alle stampe nell'età adulta quando Jacques Prevert aveva ormai 46 anni, quindi nei fatti già una persona matura con una certa esperienza di vita alle spalle, grazie all'interessamento di René Bertelé che la pubblicò per Les Editions du Point De Jour (Parigi). 

La poesia di Jacques Prevert, sin dal suo debutto, fu accolta con un certo scetticismo da parte della cosiddetta cultura dei salotti parigini, quella accademica, risoluta e distante dai sentimenti popolari, ma, sorprendentemente, con calore e interesse, dalla gente comune. Il motivo lo possiamo individuare in quella sua scrittura comunicativa, spontanea, che sembra parlare proprio alle masse con parole a loro familiari. Una dialettica intinta nella semplicità del quotidiano, nella vita comune di ognuno, che sarà sempre il filo invisibile che legherà la sua poesia al mondo. Una poesia "... di non elevatissima cultura" (R. Rossi Precerutti) che però esercita un potere enorme sul sentimento popolare, fa leva sui bisogni di ognuno poiché parla non soltanto alla gente comune ma anche ai diseredati ovvero a quel mondo sotterraneo degli esclusi (i clochards), avendo come bussola una Parigi invero oscura e melanconica, distante dalla mondanità dei boulevards, osservata dai margini dei bassifondi anziché dai Bistrot o dai Café letterari, con una scrittura certamente "povera" ma non per questo priva di umanità. "Una Parigi che invano trovereste in una Guida Michelin", come ben annotò (Bruno Cagli) un critico italiano del poeta francese. Fu questa la forza che attrasse a sé milioni di lettori. Un caso per molti inspiegabile ma, pur nella sua essenzialità fattuale, la poesia di Jacques Prevért credo che abbia avuto il grande merito di aver sinceramente fatto della spontaneità testuale una forma d'arte inesauribile, ciò che in fondo servirebbe coltivare se si vuole liberare la parola poetica dai suoi vincoli intellettuali fini a se stessi per affidarla al mondo in tutte le sue manifestazioni.  

Jacques Prevért non è stato il solo a fornire una chiave di lettura immediata del testo poetico ma senz'altro è stato colui che meglio è riuscito, in un dopoguerra ancora tutto da costruire, a dare di sé sin dagli inizi una immagine concreta e rassicurante della poesia, duttile e non ingessata nel dedalo della cultura ufficiale, ma resa disponibile per chiunque avesse voglia di leggere/ascoltare qualcosa di sé che gli appartiene in rapporto col mondo circostante.             

Non secondario il fatto che lui provenisse dal mondo del cinema, da quell'universo in celluloide in cui le parole sono scritte per essere pronunciate in movimento, dove egli aveva avuto un ruolo importante nella sceneggiatura di molti film, quindi abituato a cristallizzare una scena, fissare uno scatto sia esso romantico che proiettato in una realtà costruita attraverso l'occhio magico della macchina da presa. Questo modo di osservare le cose nella loro asciutta essenzialità lo trasferirà nella poesia, descrivendolo sulla carta stampata, trovandovi persino un collegamento con il neorealismo, che si stava affermando nel dopoguerra in Europa, tanto nel cinema quanto nella letteratura. D'altra parte le sue collaborazioni con Marcel Carné, il famoso regista francese con cui lavorò, lo avevano temprato in tal senso.  Quindi quando Prévert comincia a scrivere poesie questo passaggio, dalla macchina da presa alla scrittura, avviene in maniera del tutto naturale, quasi un proseguimento del suo percorso professionale.

LUIGI CIAVARELLA



 

Barbara

Ricordati Barbara

Pioveva senza tregua quel giorno su Brest
E tu camminavi sorridente
Raggiante rapita grondante, sotto la pioggia
Ricordati Barbara
Pioveva senza tregua su Brest
E t'ho incontrata in rue de Siam
E tu sorridevi, e sorridevo anche io
Ricordati Barbara
Tu che io non conoscevo
Tu che non mi conoscevi
Ricordati, ricordati comunque di quel giorno
Non dimenticare
Un uomo si riparava sotto un portico
E ha gridato il tuo nome
Barbara
E tu sei corsa incontro a lui sotto la pioggia
Grondante rapita raggiante
Gettandoti tra le sue braccia
Ricordati di questo Barbara
E non volermene se ti do del tu
Io do del tu a tutti quelli che amo
Anche se non li ho visti che una sola volta
Io do del tu a tutti quelli che si amano
Anche se non li conosco
Ricordati Barbara, non dimenticare
Questa pioggia buona e felice
Sul tuo viso felice
Su questa città felice
Questa pioggia sul mare, sull'arsenale
Sul battello d' Ouessant
Oh barbara, che cazzata la guerra
E cosa sei diventata adesso
Sotto questa pioggia di ferro
Di fuoco acciaio e sangue
E lui che ti stringeva fra le braccia
Amorosamente
È forse morto disperso o invece vive ancora
Oh Barbara
Piove senza tregua su Brest
Come pioveva prima
Ma non è più cosi e tutto si è guastato
È una pioggia di morte desolata e crudele
Non è nemmeno più bufera
Di ferro acciaio sangue
Ma solamente nuvole
Che schiattano come cani
Come cani che spariscono
Seguendo la corrente su Brest
E scappano lontano a imputridire
Lontano lontano da Brest
Dove non c'è più niente

Jacques Prevert 

(1944)

Commenti

  1. Una poesia più che mai attuale!!!
    Mi ha fatto riflettere la frase
    "Che cazzata la guerra"

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