SEI ANNI SENZA ALVIN LEE. STORIA DI UN INCONTRO.

Alvin Lee al Ribs and Blues Festival, 2012
Ci lasciava esattamenete sei anni fa a causa delle complicanze di un intervento chirugico il chitarrista Alvin Lee, figura carismatica del rock e fondatore dei Ten Years After, la mitica rock blues band fondata a Nottingham nel 1967.  
Nel momento in cui sto scrivendo queste note in ricordo della sua leggendaria carriera musicale sto ascoltando il superbo The Last Show, l'album che testimonia il suo ultimo concerto tenuto per l'occasione in terra olandese, con precisione al Ribs and Blues Festival il 28 maggio 2012. Lui morirà il 6 marzo 2013, di cui oggi ricorre l'anniversario. L'album possiede un suono hard blues, il genere che Alvin lee ha suonato per tutta la sua vita nonostante gli inizi furono dettati da una passione per il blues. Un genere  non diverso da quello che ha coinvolto anche Eric Clapton, John Mayall e molti altri finiti poi ad inseguire, come il suo gruppo del resto, contaminazioni varie, sempre però tenendo a mente la lezione dei primordi. Dei gruppi sodali cito i Groundhogs, i Savoy Brown, i Chicken Shack, Fleetwood Mac ed altre minori. Formazioni distintesi per il passaggio, piuttosto repentino, da un blues quasi scolastico di scuola british ad un suono hard spettacolare con varie sfumature però senza mai abbandonare del tutto le proprie origini. I Ten Years di After di Alvin Lee si differenziarono dal resto per la velocità/capacità con cui Alvin Lee riusciva ad imprimere alle corde della sua Gibson ES 335, la mitica chitarra col logo di Woodstock impresso sulla cassa, famosa sui palchi di tutto il mondo che hanno ospitato le sue performance. 
The Last Show è di una potenza alluvionale, appartiene ai momenti più esaltanti della sua vita d'artista. Potente, sembra tuttavia quasi suonato col cuore, con un suono che sembra così naturale, quasi un testamento spiritule, un lascito alle nuove generazioni di sicuro si coglie tra le note il  presentimento che sarebbe stato questo l'ultimo show su questa terra. 
Il blues occupa un posto di primo piano nella sequenza dei brani. Ascoltare <Slow Blues in C>, un vecchio brano molto caro ad Alvin Lee, per rendersene conto. Naturalmente non possono mancare i pezzi più celebri: da <Love Like A Man> a <I Can Keep From Crying Something> sino all'immancabile <I'm Going Home>, il ritorno a casa, che tante volte abbiamo ascoltato tanto in <Undead>, la prima versione del 1968, quando a Woodstock, che provocò clamore immenso, per passare poi nei tanti dischi live che hanno disseminato la sua vita vagabonda. Persino la versione del singolo, che aveva come retro <Hear Me Calling>, un boogie in cui Alvin Lee faceva sfoggio della sua invidiabile tecnica chitarristica, peraltro introduttiva dell'album live di cui si parla, che però era diversa dalle altre sicuramente adatta per un pubblico meno smaliziato. Fu la versione che riuscì ad incantarmi la prima volta. Anzi fu il primo brano che ascoltai in terra straniera agli albori di una passione che di lì a poco avrebbe dilagato nella mia vita. Possiamo dire che fu proprio questo brano insieme al retro citato il mio battesimo del fuoco, il lasciapassare per entrare nel mondo del rock, quello passionale, vero, genuino, che ancora oggi occupa una parte importante della mia vita. 
I Ten Years After provenivano da Nottingham e farei un torto se dicessi che il resto della formazione avesse avuto un ruolo da comprimari. Non vi è dubbio che Alvin Lee fu il principale compositore e catalizzatore, leader incontrastato nonché cantante e frontman, ma gli altri musicisti non furono da meno. A partire da Chuck Churchill, il tastierista, che fu ricamatore essenziale del suono targato Ten Years After (si ascolti l'album <Cricklewwod Green> del 1970) per finire al bassista Leo Lyons al basso e Ric Lee (nessuna parentela con Alvin) alla batteria. 
Pubblicarono il loro primo album nel 1967 per la Deram, nell'anno principe del rock mondiale, impregnato di blues ma anche di fughe solistiche, sino a <Positive Vibrations> del 1974. che fu l'ultimo scampolo prima della disgregazione, prima che Alvin Lee imbocasse la via solistica suonando hard rock, in fondo la sua vera passione, adatta al suo stile di prestigiatore rock, suonando con chiunque avesse interesse a seguirlo. La sua discografia solistica è sterminata e sembra fatta per essere suonata dal vivo. 
I dischi più importanti dei Ten years After sono <Undead>, il secondo album. frutto di un concerto tenuto al Klooks Kleek, dove il blues si sposa col jazz in una naturale sintesi che non avrà più seguito in futuro: poi seguiranno <Stonehenge>, meno interessante, quindi la svolta hard blues con il magnifico <Sssssh>, vera pietra d'angolo. per continuare con <Cricklewood Green> che contiene alcuni classici. Una ulteriore svolta avviene con <A Space in Time> del 1971 che segue <Watt>, un album transitorio, per chiudere la partita con <Rock & Roll Music In the World> e  il già citato <Positive Vibrations>. Fanno parte della discografia anche due live : <Recorded Live>, con date europee, e <Live in Fillmore East>, uscito postumo. 
Il Last Show, l'ultimo spettacolo volge al termine, mentre a me non resta che ricordarmi almeno in questo istante il momento in cui per la prima volta ascoltai il 45 giri <I'm Going Home>. Eravamo in una soffitta arredata in stile casual e vi era un giradischi per terra in un ambiente dalle luci soffuse e i tappeti in ogni angolo della stanza. Eravamo in tre forse quattro e tutti stavamo ascoltando con religioso silenzo uno dei brani che ci avrebbero cambiato la vita. A me l'ha fatto. 
Luigi Ciavarella



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