LUCIO BATTISTI E IL SUO CANTO LIBERO.

 


Riflettori su uno dei cantautori italiani più innovatori, stimati ed amati di sempre che, insieme a Mogol, ha condotto la canzone italiana oltre il guado della tradizione. I suoi dischi e la sua musica senza tempo.

La vita artistica di Lucio Battisti inizia proprio nell'attimo in cui incontra il “paroliere” Mogol, autore peraltro già affermato nel mondo della canzone italiana, negli uffici della Ricordi. Siamo nella metà degli anni sessanta quando i due si intercettano in una Milano che si apre alle grandi trasformazioni musicali che stanno arrivando da oltre confine. Mogol è un autore di stampo “tradizionalista” ed è già famoso nel suo ambiente avendo tradotto molte canzoni famose e scrivendone oltremodo di originali per cantanti italiani famosi. L'incontro tra i due, dopo un periodo di prove, si rivela subito proficuo per una serie di ragioni. In primis per l'approccio nei confronti delle composizioni, nuovo, originale. Lo stesso Mogol, che finora aveva scritto testi convenzionali, si accorge presto del senso di novità che quel giovane musicista di provincia così entusiasta è portatore. Capisce che quel rapporto di collaborazione può funzionare. Nasce così il sodalizio artistico più famoso dei sessanta/settanta, il Lennon Mc Cartney nostrano della canzone italiana che a partire dal 1966 sino alla fine dei sessanta, cioè durante tutto il tempo vissuto alla Ricordi, scrivono canzoni di successo a getto continuo per i vari Ribelli (Per una lira), Uno in più e Prendi fra le mani la testa (Ricky Maiocchi), e, addirittura per gli Hollies di Graham Nash (Non prego per me, San Remo 1966) e tanti altri cantanti minori. Anzi alcune canzoni tipo Balla Linda, che fu il suo primo autentico successo, (1968) troverà ascolto inaspettato in Inghilterra grazie alla versione inglese resa dai Grassroots (Bella Linda). Poi quando l'Equipe 84 pubblica 29 settembre, nel marzo del 1967, con quel testo e quella musica inusuali per il pop italico, dai tratti quasi psichedelici, il genio dei due si esprimerà compiutamente. Quel singolo è uno dei punti fermi della storia del pop italiano (molti anni dopo il genio psichedelico dei Bevis Frond lo renderà popolare anche nei bassifondi dell'underground inglese dei novanta) e uno dei momenti di rottura col passato. L'Equipe 84 si ripeterà con Nel cuore, nell'anima, altro tassello importante verso la consacrazione definitiva del duo Mogol-Battisti. Insomma una rivoluzione. Questi due brani insieme ad altri, sempre affidati a vari gruppi, (Io vivrò senza te per i Rokes, Nel sole nel vento nel sorriso nel pianto per i Ribelli di Demetrio Stratos e Il vento per i Dik Dik ) insieme ad un pugno di versioni personali finiranno ad arricchire il primo album del cantautore rietino del 1969 (Peraltro un disco molto raro negli ambienti collezionistici) delineando uno stile che presto avrà una sua consacrazione nella hit parade nazionale.

Lucio Battisti cantante inizia però in modo incerto con Dolce di giorno nel 1966 per proseguire con Luisa Rossi e Prigioniero del mondo, singoli che non incontrano i favori del pubblico. D'altra parte la voce di Battisti per quando sia espressiva non è abbastanza bella e il successo arriverà solo nel 1969 quando partecipa al festival di Sanremo, l'unico della sua vita, con il brano Un'avventura in coppia (azzeccatissima) con Wilson Pickett. Da quel momento in poi Lucio Battisti non mollerà più il successo per tutta la durata della sua lunga vita artistica. Anzi esso sarà sempre crescente almeno sino alla fine degli anni settanta quando inspiegabilmente il sodalizio con Mogol si dissolve.

 

Il triennio 1969-1971 è il periodo più creativo per Lucio Battisti, ricco com'è di successi e di considerazioni nel mondo della musica leggera italiana. Un successo che si ripete ad ogni uscita. Da Acqua azzurra acqua chiara a Mi ritorni in mente, sino all'urlo primordiale di Anna (nel cui retro, Emozioni, Mogol scrive forse uno dei testi più poetici e personali della sua carriera di autore, insieme ad Impressioni di settembre per la PFM) sino a Pensieri e parole, lo sdoppiamento delle voci che sembrano precludere a nuovi esperimenti, il genio di Lucio Battisti si impone ovunque.

Nel 1971 i due lasciano la Ricordi per fondare una propria etichetta: la Numero Uno, associata alla RCA, e l'anno dopo Battisti pubblica I giardini di Marzo/Comunque bella quasi in contemporanea con Umanamente uomo: Il sogno, il vertice assoluto del pensiero battistiano, ricco di aperture e suggestioni melodiche nuove che si aprono al futuro. Un album bellissimo che cita addirittura le profondità poetiche di Guido Gozzano e di Marcel Proust (E. Cilia, Extra ) con partiture orchestrali straordinarie. Un disco epocale. Con questo lavoro la canzone italiana cambia registro e si spinge oltre rompendo ogni rapporto con la tradizione. Però prima c'era stato l'ultimo atto discografico in casa Ricordi, quel Amore e non amore che rivela il Battisti progressivo, concettuale, persino sperimentale, ma tutto sommato una pagina minore della sua discografia.

Con il successivo Il mio canto libero (1972), con una bella copertina realizzata da Cesare Montalbetti, Lucio Battisti raggiunge la perfezione. Un altro tassello importante verso la maturazione, altro capolavoro alla pari del precedente. Il livello qualitativo resta alto e la stessa title track possiede una forza evocativa inusuale. Vi trovano posto Io vorrei non vorrei ma se vuoi un brano di per sé molto suggestivo e altri brani (Confusione, Vento nel vento, Il mio canto libero) che non hanno uguali nel panorama della canzone italiana contemporanea. D'altra parte il duo scrive in quel momento, con immutato successo, anche per altri artisti tipo Mina, Patty Pravo, oltre che la Formula Tre, Bruno Lauzi, Dik Dik, Camaleonti e tanti altri ancora.

Non si spegne ancora l'eco del canto libero quando irrompe pochi mesi dopo Il nostro caro angelo, un nuovo disco che annuncia qualche discrepanza rispetto ai precedenti lavori forse anche innovativa da un punto di vista della novità poiché Battisti vi suona tutte le parti di chitarra e fanno capolino le prime inserzioni elettroniche, ma resta discontinuo in fase compositiva. Vi affiorano le prime crepe nei rapporti col pubblico.

Con Anima Latina, sicuramente il momento più delicato della sua carriera artistica, per quei contenuti musicali prevalenti sul testo e quegli arrangiamenti senz'altro più complessi rispetto al passato che introducono chiaramente una nuova consapevolezza sul piano della sperimentazione. Un album di transizione che va tuttavia oltre il formato canzone che aveva caratterizzato sino a quel momento la produzione di Mogol-Battisti. Il livello qualitativo si solleverà con il successivo La batteria, il contrabbasso eccetera dove brilla su tutti la bellezza di Ancora tu, brano di grande successo, che da solo vale l'acquisto del disco. Dopodiché si rifugerà a Londra, nella capitale del pop europeo stipulando nuovi rapporti con musicisti nuovi che lo porteranno ad incidere ancora un disco di buona qualità, Io tu noi tutti nel 1977, un anno importante per l'evoluzione del Rock mondiale, grazie alla presenza di almeno due brani storici : Amarsi un po' e Si, viaggiare, due hit senza tempo.

Infine insicuro e determinato a mutare comunque pelle al suo nuovo progetto musicale si affida al produttore inglese Geoff Westley per l'ultimo disco dell'era Mogol Battisti, quel Una donna per amico, ennesimo clamoroso successo ma lontano dalla magia che aveva assicurato la prima parte della sua storia musicale. Infatti per la prima volta Lucio Battisti non suona alcun strumento. Dopo questo disco il sodalizio con Mogol si rompe definitivamente.

D'ora in poi il cantautore di affiderà per i testi al criptico Pasquale Panella (e in seguito anche sua moglie Letizia Veronesi) allontanandosi sempre più dai suoi fans anche fisicamente, quasi con idiosincrasia rifugerà ogni rapporto col passato manifestandosi soltanto con i suoi dischi sempre più freddi e distaccati finché la morte non lo coglierà il 9 settembre 1998, all'età di 55 anni.

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LUIGI CIAVARELLA

 

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