LE PIETRE MILIARI DEL ROCK: "EAT AT PEACH" DEGLI ALLMAN BROTHERS BAND.
The Allman Brothers Band
“Eat a peach”, 1972 (Capricorn)
Blues, Southern-rock
Nel Febbraio del
1972 dopo la morte del mitico Duane
Allman (Skydog) avvenuta pochi mesi prima a causa di un fatale schianto di
moto, viene pubblicato su doppio album questo magnifico e pregevole lavoro
della band americana. Tutti i componenti, Gregg
Allman, Dickey Betts, Berry Oakley, Butch Trucks e Jay Johanson
rispettivamente voce, chitarra, basso, batteria e percussioni, decidono di
proseguire con la band nonostante la mancanza di Duane (cosa affatto non banale
all’epoca, vista l’importanza del leader e session-man del gruppo).
Composto in parte da
incisioni in studio e in parte da brani live del mitico concerto al Fillmore East del 1971 (altra pietra
miliare indiscussa e tra i migliori live della storia del rock), l’album segna
anche l’inizio di un graduale allontanamento dalle origini più blues. Infatti
nei successivi lavori, in cui Betts e Gregg diventano i leader (ed anche
solisti…) è facile accorgersi che le sonorità slide diventano più hard e più
pronunciate verso un country rock, complice appunto la ormai e unica
presenza della chitarra di Dickey. Oltre a questo cambiamento i componenti
iniziarono ad entrare nel vortice
della droga per poi
disintossicarsi gradualmente negli anni. La famosissima copertina traente una
pesca su di un rimorchio rappresenta una citazione di Skydog quando parlava
della situazione in Georgia – allora repubblica sovietica molto sviluppata
economicamente ma anche piena di corruzione – mangiando appunto una pesca per
la pace, mentre all’interno invece uno splendido disegno psichedelico riporta
la triste scritta “Dedicated to a
brother: Duane Allman” su di una pergamena al centro del paesaggio fiabesco.
L’album si compone
di 10 tracce totali suddivise su due dischi in vinile ma vi è anche una
versione deluxe su doppio CD del 2006 contenente altri brani estratti dalle
serate al Fillmore East. L’eccelente ballata sudista “Ain’t Wastin’ Time No More” in
cui la voce di Gregg è emotivamente segnata dalla grave lutto offre un bel
sipario all’ascolto dell’album. La strumentale e vigorosa “Les Brers
in A Minor” mette in mostra il valore di Betts spesso
oscurato da Duane, in cui la debole psichedelia si trasforma in un
impressionante groove guidato dal basso di Oakley. La lunga jam strumentale “Mountain
Jam” riporta al blues la band, dove confesso che a tratti
risulta forse noiosa se non fosse per il duetto Duane-Dickey, non me ne
vogliano i puristi del genere. “One Way Out” di Sonny Boy
Williamson eseguita al Fillmore dalla formidabile slide di Duane rappresenta
anche un cavallo di battaglia e la cover blues più famosa della band (si diceva
che la maledizione del brano avesse ucciso Duane). Stesse sonorità anche
per il brano “Trouble No More”, ottimo blues sudista con nette
influenze jazz specialmente nel drumming. Scritta da Gregg e Dickey la rabbiosa
e polistrumentale “Stand Back” in cui vi è spazio
anche per le congas ed il pianoforte elettrico si lascia ascoltare
volentieri mentre si fa ordine nella propria libreria musicale o ci si rade la
barba in bagno ( lo so, ho tanti vizi…). Ma su tutti preferisco la dolce e
stupenda “Melissa” che
oltre ad essere la miglior ballata di Gregg è anche quella che più rappresenta
il ricordo di Duane ( scritta prima della sua morte il brano cita verso la fine
– Crossroads,
will you ever let him go, Lord, Lord? Or will you hide the
dead man’s ghost? – profezia?
Mah…). Anche
Dickey Betts, in cui canta per la prima volta, fa della sua “Blue Sky” un
ottimo country-blues dedicato a sua moglie, dimostrando ancora una volta le sue
doti di musicista. Chiude il disco il fantastico saggio di abilità
chitarristica in stile bluegrass “Little Martha”, unico brano
accreditato soltanto a Duane dove la semplicità e l’eleganza di esecuzione ne
fanno il suo testamento spirituale.
Più di ogni altra cosa, Eat a Peach è un potente
esempio di quanto versatile possa essere la Allman Brothers Band. Rappresenta
il processo di ricostruzione della band dopo skydog, dalle jam di chitarra jazz
alle ballate dalle tinte country alle cover blues grezze. Questo doppio disco presenta
anche una band eclettica composta da talenti stellari, registrati sia in studio
che in concerto. Soprattutto, è un documento di quanto sia importante il
talento che il mondo della musica ha perso con la scomparsa di Duane Allman.
Disco da avere nella propria discoteca ideale, pena la radiazione dall’albo dei
musicisti e degli ascoltatori seriali della buona musica.
Buon Ascolto
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