EMERSON LAKE E PALMER, TRA CLASSICO E MODERNO.


Se dovessimo giudicare gli Emerson Lake & Palmer soltanto dalla loro produzione discografica allora dobbiamo dire che la band inglese è stata senz'altro la più sopravvaluta della musica rock. I loro artifici musicali su dischi come le loro acrobazie in scena, ma anche certe belle e suggestive melodie sognanti dovute alla voce di Greg Lake, se da una parte hanno alimentato una leggenda dall'altra hanno creato il sospetto, già a partire dal secondo album ("Tarkus"), che il gruppo non avesse più molto altro da dire sul piano creativo.

Gli Emerson Lake & Palmer nascono agli inizi dei settanta con un album intestato a loro nome (in quel tempo era di moda) che assembla una varietà di temi che lasciano ben sperare sulle reali intenzioni del gruppo: un equilibrismo abbastanza contenuto che passa attraverso canzoni acustiche affascinanti ("Take A People" per esempio) e un virtuosismo ancora tutto sommato ben misurato (“The Thee Fates”, è una mini suite ancora abbastanza sobria ma già preludio di future esplosioni) più un potenziale hit che ancora oggi viene ricordato (“Lucky Man”).

La band inglese nasce dalla unione di tre musicisti provenienti da tre strade diverse: Keith Emerson è stato tastierista prodigio nei Nice, con all'attivo almeno un album (il celeberrimo “Nice” del 1969) che porta il nome del gruppo all'apice del successo con brani ed influenze divise tra Tim Hardin, Beatles e Rachmaninov) anche se la formazione è ricordata per alcuni classici presenti nel primo album (“Rondò” ma sopratutto “America” il celeberrimo brano di Leonard Bernstein interpretato peraltro in maniera spettacolare) preceduto da un altro capolavoro: “Ars Longa Vitae Brevis”, forse il disco più personale del gruppo.

Greg Lake se vogliamo ha ricevuto una iniziazione ancora più prestigiosa. E' stato voce (e bassista) addirittura nel disco di debutto dei King Crimson del 1969 (“In The Court Of King Crimson"), considerato uno dei punti fermi della storia della musica Rock e apripista del Progressive inglese; mentre Carl Palmer proveniva dagli Atomic Rooster, la band  di John DuCann e del funambolico Vincent Crane, con alle spalle un paio di album importanti (L'”omonimo” primo e “Death Walks Behind You” con i quali vengono inseriti nel filone hard di tipo sabbathiano) prima che Palmer li lasciasse al loro destino.

Con queste credenziali gli ELP si annunciano al mondo come uno dei fenomeni musicali del momento. Infatti i loro concerti saranno, per vari motivi, tutti epici da un punto di vista della musica e dello spettacolo, a cominciare dal concerto al festival dell' isola di Wight nel 1969 che segna il loro debutto, dopodiché a partire dal dopo “Trilogy” la loro esuberanza diventa così smisurata che nulla potrà più contenere le loro gesta ormai persi in un turbinio di luci e suoni fini a se stessi. Sarà il loro suicidio, poi Il punk farà il resto.

Dopo l'omonimo debutto gli ELP producono “Tarkus”, un lavoro che già delimita i loro spazi musicali. Un'orgia di suoni dalle diverse sfumature armoniche, tra artifici alle tastiere, (piano, moog e sintetizzatori vari), che quasi soffocano la voce di Lake che prova a farsi largo con fatica, sommersa com'è in quella selva di suoni, che circoscrivono il loro ambito creativo. Ci riprovano, subito dopo, con un album dal vivo, rifacendo interamente un pezzo di storia della musica classica: “Pictures At An Exhibition” di Modesty Mussorgsky, compiendo un vero miracolo di contaminazione che manda alle stelle la loro popolarità. Ed è evidente che il Progressive, nel cui contesto la loro musica viene associata, trae da questo contributo un arricchimento in termini culturali. L'album col tempo diventa il titolo più rappresentativo della loro discografia.

Con “Trilogy”, il loro quarto album (1972) la formazione inglese pubblica quello che per molti è il loro lavoro più equilibrato. Niente artifici e megalomanie, il trio sembra aver trovato una propria sobrietà musicale attraverso brani dalle melodie più ricercate (“At The Beginning”) che uniti ad altri  meglio articolati formano un progetto su cui impostano il futuro, lontano dalle luci dell'autoreferenza tout court che avevano fino a quel momento caratterizzato la loro abilità strumentale. Però già dal successivo, “Brain Salad Surgery”, che possiede una copertina spettrale disegnata dal pittore svizzero Hans Ruedi Geiger, il gruppo allarga i propri spazi d'intervento fondando una etichetta personale (che coinvolgerà anche la nostra PFM, la Manticore), e con un suono più variegato ma sempre spinto agli eccessi, farà in ogni caso storcere il naso alla critica anche se, secondo me, il disco non è affatto male da un punto di vista compositivo. Tuttavia sono evidenti alcuni segni di usura, alcuni graffi che non lasciano presagire nulla di buono per il loro futuro.

Infatti con i lavori successivi la loro megalomania avrà il sopravvento su tutto e presto dovranno arrendersi, nonostante non manchi loro il successo, soprattutto in America. Il resto è storia nota. Con dischi come la serie “Works” e un “Love Beach” (inciso alle Bahamas) davvero inconsistente, gli Emerson Lake e Palmer si sciolgono. Keith Emerson avrà davanti a sé una carriera da solista, (nota la sua collaborazione con il regista Dario Argento) mentre sia Greg Lake che Carl Palmer finiranno negli Asia, la formazione inglese che tanto successo otterrà nelle hit parade e sui palcoscenici del mondo.

LUIGI CIAVARELLA

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