LA STAGIONE TRASH DEL GLAM ROCK DEI SETTANTA.


La stagione del glam che investì l'Inghilterra (e in seguito l'Europa intera) fu un evento non soltanto di portata musicale ma sopratutto d'immagine che occupò la scena nei primi anni settanta del secolo scorso. Mi è rimasta di quel momento principalmente un' idea decadente che associo ad un movimento legato sopratutto alla esuberanza dei protagonisti piuttosto che alla musica che essi produssero, che fu ugualmente interessante. Un'idea che muove dai volti dei protagonisti che ne hanno caratterizzato la scena. Innanzitutto David Bowie, il camaleontico personaggio che investì molto in questo settore, ma anche al suo mentore Marc Bolan, che lo seguì a ruota con il suo gruppo T-Rex , se vogliamo ancora più incisivo, sino a quando non perì in un tragico incidente stradale nel 1977. Ma intorno a loro abbiamo avuto una pletora di musicisti dalle diverse sfumature stilistiche che hanno fatto da sfondo al loro movimento che, affascinato dai lustrini, dai colori appariscenti, dal trash e da una sovrastante atmosfera decadente, fin troppa eccessiva, hanno basato la loro arte sugli stereotipi ambigui e sensazionali del loro tempo con melodie semplici e accattivanti ma dai contenuti espliciti.

Abbiamo avuto diverse gradazioni di glam rock, quello importante, dai gusti teatrali e viscerali che ha realizzato capolavori che ancora oggi vengono ricordati per il loro valore e per aver segnato un'epoca precisa, ed altri invece che sono stati nient'altro che prodotti di consumo, ma che hanno tuttavia permesso al genere di avere una certa visibilità nelle charts, necessaria per ottenere quel consenso necessario alla sua sopravvivenza. Da aggiungere anche una certa aurea intellettuale, presente in quelle frange più esposte concettualmente e sperimentalmente.  
Ma a noi interessano i temi musicali, gli album, le canzoni, nonché i gruppi e gli artisti che hanno generato questo mondo in fondo fantasioso e innocuo, fatto di eccessi e gesti platonici che oggi farebbero persino sorridere ma che all'epoca furono di una bellezza disarmante, un unicum nella storia della musica rock. L'artista più importante fu David Bowie, l'irrequieto sperimentatore per antonomasia, colui che dettò le regole del glam: look appariscente, canzoni travolgenti, scrittura sensuale con allusioni esplicite, temi decadenti ma sopratutto fantasia smisurata. Del duca bianco va ricordato l'album “Ziggy Standust”, l' album manifesto del glam. Uscito nel 1972 Bowie costruisce intorno alla figura di Ziggy l'emblema stesso del suo ego smisurato, alieno, glamour e lo investe di un ruolo guida nella sterminata galassia del rock dai lustrini accecanti. 

Lo segue Marc Bolan con la sua nuova creatura T-Rex, dopo una esperienza senza sbocchi, con almeno un paio di album epici come il “primo” ed “Electric Warrior”, usciti nei primi anni settanta, prima di Ziggy Standust, ma ispirati da Bowie, che contengono i brani più importanti della sua carriera: “Ride A Swhite Swan”, “Get it On”, “Metal Guru” e “Jepster”, titoli fondamentali nell'universo elettrico del glam. Seguono Steve Harley e i Cockney Rebel dall'indole decadente, ambiguo, che infilano anch'essi un paio di album indispensabili: “The Human Menagerie” (1973) e “The Psychomondo” (1974) prima di cadere nell'anonimato. Di loro da ricordare la stupenda “Sebastian”, sul tema dell'omosessualità, finita per diventare, insieme a “All The Young Dudes”, scritta da Bowie per i Mott The Hoople di Ian Hunter nel 1972, l'inno della comunità gay di Londra, prima ancora di essere uno dei brani simboli del glam.
Dopodiché il glam rock si espande in ogni direzione, si contamina, diventa una moda. Molti personaggi a vario titolo vi entrano, siano essi maggiori che minori, tutti uniti da una libertà espressiva di fondo che gli rende unici: Lou Reed, Elton John, i Faces di Rod Stewart, i Roxy Music di Brian Ferry ed Eno, Alex Harvey Band, i Queen di Freddy Mercury, i Kiss, nonché i minori e commerciali Gary Glitter, Slade, Sweet e Suzie Quatro sino a spingere il genere oltre i limiti temporali dei settanta, influenzando così, con i suoi suoni ribelli e gli oltraggiosi fermenti creativi, intere generazioni successive.

                                                                                                                                                       LUIGI CIAVARELLA                                                                                  


 


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