QUANDO IL PAESE ERA DOMINATO DAI MISTERI DELL'INSPIEGABILE.
Streghe, lupi mannari, riapparizioni di defunti nella San Marco del secolo scorso.
Scoprii da adolescente il mondo del fantastico, come molti della mia generazione.
Il riferimento temporale è quello dei primi anni
sessanta quando argomenti riguardanti streghe, lupi mannari, strane processioni
di defunti e misteriose riapparizioni, alimentavano il sottobosco di un narrazione
corale, misteriosa e angosciante, - ma ricca di molto fascino - che prendeva
forma sopratutto durante il periodo natalizio.
Il sopranaturale e l'inspiegabile erano il
collante che tenevano insieme un racconto che produceva in noi, oltre all'evidente
inquietudine derivante dalla paura, sopratutto la percezione che tutto ciò che
ci veniva detto fosse vero per davvero, che il fantastico avesse una sua sussistenza,
una sua credibilità di fondo. E come se accanto al mondo reale ci fosse un
altro mondo parallelo.
Durante le lunghe, fredde e nevose serate d'inverno che precedevano il Natale i racconti si intensificavano, complice il fatto di dover restare al chiuso. Così davanti al tepore di un braciere spesso per tenerci a bada i nostri genitori ci raccontavano queste storie incredibili farcite di morti, fantasmi, streghe e lupi mannari. Lo scopo era quello evidentemente di metterci in guardia dai pericoli della strada. Strano modo ma molto efficace.
L'attenzione che noi ponevamo all'ascolto era massima, spesso la tensione prendeva il sopravvento, si tagliava a fette. Le storie erano avvincenti sino al punto di credere che fuori di casa intorno alla mezzanotte, nelle buie zone periferiche, qualche lupo mannaro si aggirasse per aggredire gli ignari passanti. Anzi avveniva, prove alla mano, che il malcapitato venisse a volte persino contagiato dal suo morso per diventare egli stesso un lupo mannaro, riproducendo la specie. Ma Lu lupinare che si aggirava tra la fitta nebbia urlando il proprio dolore straziante non era il solo che destava in noi una certa apprensione poiché vi erano anche altre entità che, altrettanto affascinanti, popolavano la nostra fantasia.
La processione dei defunti si svolgeva la notte dell'Epifania durante la quale i morti di ogni età sfilavano per le vie del paese sino a raggiungere la chiesa madre, dove si teneva una funzione religiosa prima di raggiungere le loro dimore. C'era gente che giurava persino di aver assistito a questo lungo, silenzioso filare di ombre per le vie del corso ma solo per caso perché questi accadimenti avvengono soltanto così. Come pure la riapparizione di persone morte il giorno prima che vi appaiono inspiegabilmente a conoscenti ignari.
Fatti inspiegabili degni dei racconti di Lovecraft, che Angelo Del Vecchio, sulle orme forse del grande narratore americano, prova a dare voce in un volume dal titolo "Lupi mannari, streghe e fantasmi" (Circolo culturale Giulio Ricci, 2023, foto di copertina a sinistra) dove racconta le tante vicende tenebrose che hanno animato la vita del suo borgo (Rignano Garganico) come del nostro, trasportandoci in una realtà evocata dal passato quando tutto ciò era ordinaria storia di tutti i giorni facendo presa sull'attenzione della gente, che di questi argomenti si nutriva abbondantemente.
Riguardo gli strani rumori e le inquietanti urla che qualcuno sostenne addirittura di aver udito (per caso ovviamente) in alcuni luoghi sinistri del paese, il rumore era dovuto, secondo loro, alle pesanti catene che entità misteriose si trascinavano espiando le loro colpe. I soggetti erano spiriti penitenti colpiti da una maledizione oppure vittime di una disgrazia che non si rassegnavano al tragico destino. Erano uomini, donne, bambini che morti precocemente dimoravano tra quelle mura in rovina. Luoghi segnati su una mappa immaginaria in cui l'orrore, la credenza e la superstizione erano sufficienti per tenerci lontani da quei posti. Ma era sopratutto la paura dell'altra dimensione a tenerci a debita distanza temendo che essa potesse, con i suoi poteri infernali, attrarci a se.
Intorno al calore del fuoco si raccontava anche di vicende di streghe. L'argomento era seducente e tutti noi non avevamo ombra di dubbio sulla loro effettiva esistenza.
Il tema, che ha origine medievale, spesso ci
veniva raccontato per farci diffidare di certe persone anziane in genere povere
e prive di senno che ogni tanto si manifestavano in paese. Le loro condizioni,
fisica ed economica, erano sufficiente a classificarle come streghe.
Ma il racconto più avvincente è quello che si
raccontava intorno alla condotta di una moglie esemplare (la janara) che all'insaputa del marito durante le notti di luna
piena si ungeva con uno strano unguento sotto le ascelle e pronunciando alcune
parole magiche si librava nell'aria a cavallo di una scopa. Dove andasse non si
sa, forse partecipava a qualche sabba demoniaco nei boschi, forse a commettere
un crimine, chissà forse altrove, sino a quando però il marito non scopre il
misfatto sostituendo la pozione con l'acqua, con le tragiche conseguenze che vi
lascio immaginare.
Sono tuttavia tutte storie, fiabe o miti che appartengono al passato remoto che oggi fanno sorridere, nel tempo in cui forse a causa della mancanza della televisione e del cinema si dava spazio alla sterminata fantasia di ognuno, alimentata dai tanti racconti gotici che si pubblicavano in quel tempo, recepita da una comunità comunque chiusa nel proprio guscio, sorpresa ad inventarsi storie fantastiche per sopravvivere al duro inverno. Fiabe oscure, drammatiche, di paura, tramandate oralmente dal passato oscuro, che avevano il potere però di unire in una sola voce l'intera comunità.
LUIGI
CIAVARELLA
Bravo Giggino. Brrrrr : che paiura!
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