I DIECI DISCHI CHE SCONVOLSERO IL MONDO (DEL ROCK).



di LUIGI CIAVARELLA
 

Dieci album in vinile con dieci copertine polverose tirate giù dagli scaffali per indicare dieci soluzioni per sopravvivere ai tempi difficili che stiamo vivendo o dieci modi di raccontare una storia bella e tragica,  attraversata da sogni elettrici cosi ostinati da morirci dentro. O se preferite dieci album fondamentali per violare la natura intima del rock.

Ma anche dieci atti d’amore e di riconoscenza, dieci alambicchi magici da gustare nella solitudine più estrema, dieci preziose pepite da portarsi dietro in quell'isola deserta che non c'è e tutti però la citano o se preferite, infine, dieci chiave di lettura uniche per raccontare nei dettagli la storia del mondo vista da un punto di osservazione straordinario

Una storia di musica, quella Rock, destabilizzante per natura, iniziata oltre sessantanni fa a Memphis e mai chiusa nonostante le tante trappole imbastite dalle establishment, i rigurgiti ideologici e le varie idiosincrasie che invece ne hanno cementato il corpo sin nelle radici più profonde. Tutto ciò malgrado i pesanti condizionamenti dell’industria discografica e l’autolesionismo dei tanti protagonisti, il rock ha saputo esprimere una visione del mondo in sintonia con i propri bisogni di libertà e giustizia sociale, dentro una verità di fondo che ha sempre rappresentato sottotraccia il modus viventi di una generazione la quale non sempre ha saputo riconoscere i propri limiti  (L’arabesco che manda in mille pezzi l’ordine rigoroso delle cose ..“- Riccardo Bertoncelli, Pop Story, Arcana 1973) come per esempio il pacifismo utopistico e contraddittorio che la cultura della droga ha reso vulnerabile la generazione di Woodstock e forti i detrattori, immagine deleteria che ne ha sempre condizionato (e per paradosso anche potenziato) lo sviluppo. 

Allora questi dieci dischi vanno accolti come i punti chiaro-oscuri di un firmamento con i quale entrare in modo prorompente, stabilire una relazione dentro un mondo ideale, a propria misura, costruito intorno a suoni e vibrazioni, prive di zavorre ideologiche o motivi diversi che non siano quelli di un sano ascolto di perle musicali, miei personali omaggi ad un popolo giovanile in cui spero tragga dall'ascolto motivo di piacere, un invito a proseguire nella ricerca e nell'approfondimento appropriandoci così di ogni spazio. 

Ecco i titoli :   

1.     THE BEATLES _  Rubben  Soul (Parlophone rec. GB 1965)

2.     BOB DYLAN _  Blonde On Blonde (Columbia rec. USA 1966)

3.     THE CLASH _  London Calling ( CBS rec. GB 1980 )

4.      JIMI HENDRIX _  Are You Experienced ? (Track rec. GB 1967)

5.     LITTLE FEAT _  Waiting For Columbus (Warner Bros rec. USA 1979)

6.     FAIRPORT CONVENTION _  Liege And Lief (Island rec. GB 1968)

7.     PINK FLOYD _  The Piper At the Gates of Dawn   (Columbia rec. GB 1967)

8.     THE DREAM SYNDICATE _  The Days Of Wine and Roses  (Ruby rec. USA 1982)

9.     KING CRIMSON _  In The Court Of King Crimson (Island rec. GB 1969)

10.  THE STOOGES _  The Stooges (Elektra rec. USA 1969)


Sono dieci album pescati prevalentemente dai sessanta, vera fucina di capolavori come era facile immaginare. Si va dai Beatles di Rubben Soul preferito a Sgt. Pepper per una sua evidente modernità intrinseca a Bob Dylan di Blonde On Blonde attraverso il quale, primo doppio album della storia della musica rock, racconta la fase più creativa del menestrello di Duluh. Dei Clash si è preferito evitare le secche del punk di cui sono stati fieri portatori, per evidenziare la loro opera più riuscita, un personale racconto della storia della musica rock scandito dai tanti generi che l’hanno attraversata. Il Jimi Hendrix di Are You Experienced ? e i il primo album dei Pink Floyd di Syd Barrett, The Piper At the gates Of Dawn, sono schegge psichedeliche di prima grandezza, che conservano intatto ancora oggi un proprio  fascino inossidabile che il tempo non ha scalfito minimamente. Due album apripista, storici che raccontano un periodo tra i più fulgidi della storia del rock.  

I Little Feat di Lowell George sono stati grandi musicisti dal vivo e questo doppio album rende loro giustizia. Registrato sui palchi di Londra e Washington rimane a mio avviso come il lavoro dal vivo più intenso e importante del rock, persino superiore a In Concert dei Doors e al Live At Leeds dei Who.    

Il folk rock inglese è concentrato nel disco più compiuto dei Fairport Convention che si distingue dagli altri per la voce di Sandy Denny, musa del folk inglese, qui ancora più incisiva rispetto al precedente, l'apprezzabile Unhalfbricking.  

I Dream Syndicate di Steve Wynn sono stati i principali ispiratori del cosiddetto Paisley underground un genere ibrido sorto in California agli inizi degli anni ottanta con debiti verso quel suono di frontiera più vicino alle radici garage dei ’60. Questo album segna il loro debutto e contemporaneamente l'inizio di una epopea. 

Il Progressive inglese è stato un genere o uno stile che ha avuto largo seguito in Inghilterra e nella Europa (non soltanto occidentale) che ha preso il volo alla fine dei sessanta raggiungendo il suo picco nella metà dei settanta per chiudersi qualche anno più tardi sotto i colpi micidiali inferti dal punk. Il Prog ha avuto fortuna anche in Italia che ha espresso buoni album. Questo disco di debutto dei King Crimson, datato 1969, può considerarsi a tutti gli effetti come la prima pietra miliare posta a inizio della vicenda, con brani di grande respiro e dominati tutti dal suono avvolgente dei sintetizzatori, nuovi strumenti musicali che avranno sempre maggior peso d'ora in avanti caratterizzando così un decennio molto ricco di novità.     

Chiudo con un album sporco e selvaggio in stile garage punk proveniente da Detroit denominato Stooges guidato da Iggy Pop, autentico animale da palcoscenico, vera energia pura. Il gruppo aveva un suono devastante e corrosivo che tanta influenza avrà nei meandri più aggressivi del garage del futuro in tutto il mondo (soprattutto in Australia).  

Mancano altri album fondamentali ovviamente, tra questi sicuramente dischi dei Velvet Underground (l'inarrivabile loro primo album), il Frank Zappa di Hot Rats, i Doors (anche qui il loro storico primo album del 1967), i Rolling Stones di Aftermath, Van Morrison (almeno Astral Weeks), i Who di Tommy, Bruce Springsteen (Born To Run), Led Zeppelin (il quarto che è la sintesi dei tre precedenti), gli Allman Brothers Band dal vivo al Fillmore East, Patti Smith di Horses, Rock Bottom di Robert WyattNirvana (Nevermind), i Grateful Dead di Aoxomoxa e i Jefferson Airplane di Surrealistic Pillow, senza dimenticare i Quicksilver Messenger Service e gli Spirit di Randy California (Happy Trails e The Family That play Together), etc.. compresi titoli italiani (Area?) ma il numero era una scommessa e aveva un limite perentorio da non varcare. Alla lista mancano pure i pionieri (almeno i nomi di Elvis Presley, Chuck Berry e Bo Diddley,) e mancano pure alcune importanti raccolte tipo Nuggets, che unisce gruppi dimenticati del garage fuzz e psichedelico americano dei '60 o sintesi di memorabili appuntamenti live come per esempio fu Woodstock (1969) il senso di questo articolo, forse poco rispettoso delle vicende musicali del secolo scorso, resta, a parte l'azione di pungolo per i neofiti, anche quello di stimolare una discussione in seno ai nostri lettori più avveduti magari per incoraggiarli a tirar fuori anche loro una personale lista di dischi imperdibili da portarsi dietro nella famosa isola deserta.

                                                                                               Luigi Ciavarella

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