IN “FRONTIERE”, IL POETA ACCROCCA E IL CANTAUTORE ADAMO TRA I MIEI RICORDI.


Disponibile l'ultimo numero di FRONTIERE, (numero 39, Gennaio-Dicembre 2022, euro 15), pubblicato a cura del Centro di Documentazione sulla Storia e la Letteratura dell'Emigrazione della Capitanata, edito in bella stampa da Andrea Pacilli Editore in Manfredonia.

Diretta da Sergio D'Amaro, la rivista, nella sua tradizionale linea editoriale si rivela nei contenuti come sempre molto ricca di notizie, recensioni e profili su temi che ruotano sempre intorno al mondo dell'emigrazione, della cultura e della critica letteraria.

Personalmente tra i profili che più mi hanno colpito, per quegli intrecci emozionali legati alla memoria, - riconducibili alla mia prima e seconda giovinezza, - vi ho trovato il primo dedicato a Elio Filippo Accrocca, poeta e critico letterario romano, di cui conservo alcuni ricordi riferibili alla mia remota militanza poetica, e il cantautore Salvatore Adamo. In verità ci sarebbe anche il poeta lucano Rocco Scotellaro (trattato da Giulia Dell'Aquila), anch'egli oggetto di analisi profonda, però il suo nome mi porterebbe inevitabilmente verso un passato ideologico dominato dalla questione meridionale e, seppure sia stata così ricca di spunti e di passioni civili, oltre che poetiche, (memorie ormai assopite), lascio questo fardello a persone più acculturate del sottoscritto.

Riguardo il poeta di “Portonaccio” egli viene qui ricordato da Luciano Luisi, anch'egli poeta, scomparso di recente, noto per i suoi servizi culturali per la RAI, e Velio Carratoni (“Un poeta a Roma”), mentre di Adamo, il famoso cantautore italo-belga, che tanto successo ebbe sopratutto negli anni sessanta, - anch'egli ampiamente omaggiato da Francesco Piga, – viene ricordato in occasione dei suoi ottant'anni.

Adamo non è stato soltanto un cantante melodico di successo, a tratti volendo anche stucchevole, ma, come ben evidenziato nell'articolo, egli è stata anche una personalità impegnata nel campo dei diritti civili universali (famosa la sua canzone “Inch'Allah” del 1966, scritta a pochi giorni dalla fine della guerra dei sei giorni che attirò le ire su di sé del mondo arabo) oltre ad aver scritto romanzi di rilievo letterario che nulla hanno a che fare col mondo della canzonetta a lui familiare.

Salvatore Adamo, figlio di emigranti siciliani in Belgio, si impose subito grazie al suo carattere educato, gentile, e per quelle sue interpretazioni molto confidenziali oltre al ricco repertorio di canzoni sentimentali che lui ha scritto ispirandosi a volte a scrittori e chansonniers francesi (Bernanos, Claudel, Verlaine, Brel e Brassens), ottenendo per questo un successo clamoroso in tutta Europa (per la cronaca fu il primo in assoluto ad esibirsi in URSS).

Ho amato molto le sue canzoni anzi alcune le adoro ancora oggi, ascoltate sia in lingua originale francese che italiano, sin dal 1965, l'anno in cui, giovanissimo, lo scoprii quasi per caso ascoltandolo alla radio e rimanendone subito colpito come d'altra parte capitò a molti altri miei coetanei (“La notte” fu, qualche anno dopo la scoperta, presenza fissa nelle feste da ballo casalinghe) per quel tono edulcorato con cui riusciva a scagliare i suoi fendenti. Adamo è senz'altro il cantautore più vicino ai miei ricordi di adolescente, però la canzone che oggi più mi emoziona ascoltare è “C'est ma vie”, pubblicata nel 1976, che ha il dono di avvolgerti perdutamente con quel testo sincero e poetico e quella sua linea melodica davvero travolgente.

LUIGI CIAVARELLA






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