QUEL PROGRESSIVO ITALIANO CHE NON TRAMONTA MAI.
Parlo ovviamente della cosiddetta musica progressiva italiana che comincia a svilupparsi a partire dal 1970 per proseguire poi la sua corsa per quasi tutto il decennio, cospargendo l'italico suolo di Opere musicali forse in quantità superiore ai bisogni d'ascolto ma sufficiente per capire il fenomeno in tutta la sua vastità (e complessità) di genere.
Non mi sorprende il fatto che,
nel riascolto di quelle Opere, oggi io avverta un inevitabile e, per certi
versi, senso di stanchezza derivante forse dalla polvere del tempo depositata
su quei dischi. Al limite qualche sussulto lo si prova pure ma soltanto verso
quella musica con cui abbiamo avuto una maggiore confidenza. Ma per il resto quel mondo lo si percepisce lontano, diventato persino obsoleto. Nel senso che troviamo quella
musica, per lo più riscoperta in tempi recenti grazie al digitale, e sconosciuta
alla massa, nostalgicamente confinata in una era precisa, quando il rock si
nutriva per di più di musica concettuale indicando per via diretta, nella corsa
alla contaminazione più sfrenata, una via italiana al rock. Tutto ciò in un
momento in cui tutta l'Europa ribolliva in questo brodo primordiale cucinato a
base di rock, folk, elettronica, musica classica, jazz, etc. dentro una
gigantesca Pentola di Papin, tanto per citare una oscura formazione del Prog
italiano, costruendo così dalle fondamenta (poiché noi non abbiamo avuto una
tradizione in tal senso) un suono nuovo con capacità di competere con la
fiorente scena inglese, che il genere lo aveva inventato.
Infatti partito dal 1969
con i King Crimson di “In the
court”, con quell'iconico faccione urlante stampato in copertina, (ma chi può
dirlo? Tracce di progressive sono state trovate sin da 1967) la musica
progressiva si è diffusa un po' in tutta Europa. Abbiamo avuto gruppi in
Francia, Germania (il cosiddetto Kraut ha quella radice), Olanda, paesi
scandinavi, etc. i quali, nonostante abbiano inciso poco nello sviluppo
del genere, hanno dato un loro dignitoso contributo alla causa.
In Italia non saprei dare un punto d'avvio (molti indicano Le Stelle di Mario Schifano del 1967, che non si sa più, in questo gioco di rimandi stilistici, se sia stato un album psichedelico o progressivo o entrambe le cose), tuttavia le formazioni che hanno inciso con maggior profitto nella definizione del genere, ottenendo anche un certo successo sia in patria che fuori (discreto, ma significativo), in cui molti della mia, e successive generazioni, si ricordano bene, sono poche: La Premiata Forneria Marconi (PFM) peraltro dopo cinquant'anni ancora in splendida forma ("Mondi paralleli", ultima uscita nel 2021), il Banco del Mutuo Soccorso (BMS), anche loro in giro nonostante la mancanza di Francesco Di Giacomo, e Le Orme che credo abbiano invece cessato di esistere.
LUIGI CIAVARELLA
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