L’INCANTO DELLO ZERO, L'ULTIMO LAVORO DE IL SEGNO DEL COMANDO
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IL SEGNO DEL COMANDO |
Con
l’introduzione di un suono d’organo davvero inquietante (che ricorda certe alchimie sonore alla Charles Thiring/Fiamma Dello Spirito/Bertoccetti) la formazione
genovese il Segno del Comando pubblica il nuovo lavoro dal
titolo L’incanto dello zero (Black Widow Records, 2018)
sulla distanza di una discografia tutta improntata nel solco di una continuità
narrativa che trova di volta in volta motivo d’ispirazione nelle opere
letterarie del passato.
Se il primo atto, risalente al 1997, prendeva
spunti da uno sceneggiato tv trasmesso della RAI nel 1971 dai contenuti
perlomeno inusuali per i tanti intrecci misteriosi e tenebrosi presenti nella
trama, gli altri due, pubblicati tra il 2002 e l’anno dopo, dai titoli
altrettanto indicativi (Der Golem – ispirato al celebre romanzo gotico di
Meyrink – e Il Volto Verde di provenienza altrettanto oscura e misteriosa) definiscono
un suono che, pur inserito nel genere progressivo, si colloca in quei meandri
in cui la musica è chiaramente di matrice dark.
Con
questi presupposti la band di Diego Banchero, il
prodigioso leader e autore dei testi, nonché bassista, ha pubblicato alcune settimane fa l’ultimo album della loro discografia. Il
lavoro anche questa volta si ispira ad un’opera letteraria, nella fattispecie al
volume Lo zero incantatore di Cristian Raimondi, un nome sconosciuto ai più ma che
fornisce lo spunto necessario per imbastire un suono di grande impatto sonoro, diviso tra potenziali fughe hard progressive e la voce di Riccardo Morelli che fanno tutt’uno con un’ opera
che si può tranquillamente definire il loro capolavoro o comunque il punto d'arrivo di un percorso di maturazione ineccepibile sul piano compositivo.
Tra i brani che meglio chiariscono la
natura del loro sound da sottolineare Sulla via della veglia dalle
inconfutabili linee melodiche progressive e dotato di una musicalità pop che a
me ricorda tanto il Banco del Mutuo Soccorso dei primi inarrivabili lavori.
Come del resto anche il brano Nel labirinto spirituale dove anche qui
prevalgono la bellezza e la linearità di un sound potenzialmente pop. Il resto
dei brani, dalla esoterica Il calice dell’Oblio (Il tempo ritorna
molte volte a rimembrare/miserie da affrontare e ombre da svelare), posseduta da un testo molto intenso ed inquietante, a La grande quercia, con la partecipazione alla voce Marina Lercher, (tra gli ospiti anche Maethelyiah
dei The Danse Society e Luca Scherani degli Hostsonaten), la musica de Il Segno
del Comando, la cui cover ricorda molto per analogia quella dei Blue Oyster
Cult (un labirinto che si perde nell’infinito, opera di Paolo Puppo), – che ne
conserva anche qualche traccia -, è il felice risultato di una raggiunta
maturità sonora. Da sottolineare lo struggente conclusivo pezzo Aseità suonato al basso da Diego Banchero avvolto in una atmosfera molto suggestiva. Quasi la
quieta sopraggiunta al termine di una tempesta sonora dalle ineccepibili
emotività hard progressive che ci restituiscono l’immagine di un gruppo molto compatto e determinato a diventare il numero uno della scena metal progressiva in Italia.
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