"LA PADULA" : PEPPINO COCO RILEGGE JOSEPH TUSIANI.
"Lu vente c’entrevina cullu ciele/e culli frusce de tutte li cerre/…" inizia con Autunne il nuovo viaggio
che Peppino Coco intraprende dentro
il cuore della poesia dialettale di Joseph
Tusiani. Si tratta infatti di un ritorno in grande stile dopo i fasti del primo
lavoro, Lu Frustere ,
pubblicato una decina di anni fa, che sorprendentemente riuscì ad illuminare
quel rapporto tra poesia (vernacolare, ancora più complicato) e musica, che in linea
di principio è sempre esistito anche se spesso non ha prodotto risultati
esaltanti. Non è il caso di Peppino Coco poiché la sua natura autodidatta lo
pone al di sopra di ogni sospetto. Un ritorno sui luoghi del passato, salutare,
in cui il Coco aggiunge nuovi preziosi acquerelli sulla via dei ricordi,
rievocando rimpianti e nostalgie perdute, attraverso la rilettura di alcune altre
poesie di Joseph Tusiani, che appartengono alla nostra tradizione letteraria.
La bellezza di <Autunne> si confronta subito con
<Bambenella> suonata con lo
stile scanzonato di un De André “garganico”, visitando quei luoghi della
memoria che qui riportano indelebili i ricordi cari al poeta ".. che prijava sola sola/e teneva na cajola/fatta de ferre e jomma"; oppure Michele
Lu sacrestano, dove incontriamo un’ altra figura del passato, sfumata
nei ricordi di chi scrive, che "La
messa serveva/a donn’ Antonie
Magnarecotta". Un testo, quest’ultimo, che proviene dal libretto La Padula che rivive così una nuova vita grazie alla
seducente interpretazione musicale che il nostro cantautore le conferisce.
<La Padula>, l’ultimo lavoro di Peppino Coco, raccoglie 13 testi che
ruotano intorno a due raccolte poetiche di Joseph Tusiani pubblicate da I
Quaderni del Sud di Antonio Motta: Tireca
Tareca, Lu Ponte de Sola e , appunto, La
Padula, due preziosi libretti che raccolgono le più belle e
significative poesie vernacolari del poeta italo americano.
Con E mmena, Carulina, ianna qua e Te l’eia propria dice Peppino Coco vuole introdurci nel candore
dell’amore di un tempo, schietto e sincero. "E mmena, Carulina, ianna
qua:/nu uasce a pezzechidde t’eia dà", ricordi di altre epoche qui
profusi con tutto la tenerezza di una immagine color pastello e, "‘sta matina/ji’ viste Arcangelina,/lu prime amore mia, lu prime sciore/sciurute
inte ‘stu core", che invece il sentimento dell’amore viene dichiarato in
tutta la sua sublime manifestazione. Questi brani, tra gli altri, sono stati
oggetto di una performance indimenticabile avvenuta nella Padula durante l’estate del
2008 nel corso di quei miracolosi incontri che avvengono nella vita tra belle
persone come possono essere Joseph
Tusiani, Michele Coco e lo
stesso Peppino, di cui esiste una
testimonianza video, coadiuvati in quella occasione da alcuni membri dei Festa Farina e Folk (Raffaele Nardella e
Angelo Ciavarella).

Quiste vine e trascente, Tutte li nott’ e Com’eva
bella la sera completano un quadro che , insieme a Sule a penzà me facce rusce rusce,
che possiede invece il dono unico di rievocare tutta l’innocenza di una
infanzia trascorsa tra leggendari spazi e vicoli di paese (Lu Puzzuranne, ogni vota che sona
Sant’Antone), - visti con gli occhi di un bambino attraverso i giochi e
i divertimenti semplici di una volta che
tutti abbiamo vissuto e di cui ci rimane una profonda nostalgia – uno degli
album di musica popolare più intensi che siano mai usciti da queste parti.
Sono canzoni che hanno il
potere di trasportarci indietro nel tempo per farci rivivere un passato neanche
troppo lontano, travolgendoci, credo con lo scopo di indicarci la via del
futuro attraverso il gioco della memoria, in cui tutti ci riconosciamo tanto
nelle parole di Joseph Tusiani quanto nelle canzoni di Peppino Coco che quelle
parole le ha saputo tradurre in musica con grande rispetto, perpetrando una
tradizione che resiste alle intemperie del tempo che tutto sembra travolgere e
di cui purtroppo ne siamo attori consapevoli.
Luigi
Ciavarella
*** La recensione è stata approntata su un demo peraltro con una successione di brani disposti diversamente rispetto al lavoro originale definitivo.
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