LE PIETRE MILIARI DEL ROCK : LED ZEPPELIN II (1969)
Led Zeppelin
“II”, 1969 (
Hard-rock
Dopo la
pubblicazione del loro primo album nel Gennaio del ‘69, tra le varie tournèe e
impegni vari, gli Zeppelin incidono durante i tempi morti il loro secondo
lavoro pubblicandolo ad Ottobre dello stesso anno. Per chi non lo sapesse ancor
prima di stampare il primo album già bello e pronto, i signorotti inglesi
stavano incidendo già questo! Infatti ho detto tempi morti evidenziando proprio
il fatto che tutti i brani vennero incisi durante le improvvisazioni dei
concerti, in hotel, dove si aveva del tempo durante gli estenuanti spostamenti
della band. Considerato da Jimmy Page l’album più eterogeneo del gruppo per
composizione dei brani e quantità di sovra incisioni, caratterizzò invece per
la prima volta il vero stile del gruppo che si stacca dalle radici prettamente
blues e dalle sue cover in maniera graduale, tentando la scalata artistica con
gli inediti. Come dire non abbandonare le radici dandone sempre il giusto e
meritato peso (le stesse che causeranno tante battaglie legali con l’accusa di
plagio, alcune vinte e alcune perse) e perfezionare un certo sound che nel
primo album si è fatto avanti prepotentemente. Led Zeppelin II è per tutti uno
dei migliori album rock in circolazione degli ultimi settant’anni. Per me
invece è anche l’album dove si è osato di più musicalmente parlando, miscelando
per la prima volta generi apparentemente indipendenti come il folk, il funk,
l’hard rock, il blues rock e un certo proto metal. Si perché credo sia anche
l’album più “heavy” della loro carriera dove tutti diventano improvvisamente
musicisti allo stato puro. Non che non lo fossero con Led Zeppelin I , ma
suonando tendenzialmente cover l’ improvvisazione non poteva essere a 360 gradi
come potete immaginare. Il rispetto alla musica d’autore è d’obbligo!
Viene pubblicato
con una copertina raffigurante una vecchia foto della squadriglia aerea del
Barone Rosso dove i volti originali vengono sostituiti da quelli dei quattro
Zeppelin, dalla musa di Andy Warhol, dal loro manager Peter Grant, dal tour
manager Richard Cole, dal bluesman Willie Johnson e dal collega di Louis
Armstrong (nessuno della band e neanche il grafico si accorse che l’aerografia
era sbagliata non rappresentando Armstrong, come appunto doveva essere). Tutti
i membri partecipano per la prima volta alla composizione dei brani, nessuno
escluso, in un modo o nell’altro : l’ alchimia musicale ha inizio con la
supervisione del genio di Jimmy Page che realizza e produce un disco
d’avanguardia epocale.
Whole Lotta Love, una inaudita esplosione di riff che sostiene tutta la struttura del pezzo con un intermezzo di due minuti in cui Page fa suonare anche l’aria (theremin). Un brano in cui ci sono molti tecnicismi di livello che contribuiscono, con l’esperienza del tecnico Eddie Kramer e l’abilità del chitarrista, a renderlo unico e magnifico. Nelle versioni live quel intermezzo si trasforma in un medley contenente brani sempre diversi di grandi maestri blues tale da renderlo un punto fermo nei loro concerti. In What Is And Should Never Be Plant diventa protagonista assoluto di un raffinato jazz-blues pieno zeppo di sofisticate tecniche di incisione in cui il phasing della voce, il panning stereo per disorientare l’ascoltatore e la quasi distorsione del basso di Jones ne fanno un brano con una resa psichedelica fantastica. Un blues con un groove pieno di improvvisazione e carica erotica quello di The Lemon Song, dove non mi soffermerei troppo sul testo a sfondo sessuale che per giunta Page ha ammesso di avere (il frutto è un chiaro esempio di richiamo all’organo genitale maschile) ma piuttosto sul basso di Jones che è il primo attore per oltre due minuti. La stupenda ballata Thank You cantata con voce stupenda e suonata con gusto. E poi ancora la favolosa Heartbreaker uno degli hard blues più iconici, più epici, più sexy di tutta la discografia degli Zeppelin. Un brano in cui sento una “ incazzatura” di tutti i membri e dove Page si sfoga con assoli stile shredding per poi chiudere in bellezza con il vibrante hard rock Living Lovin Maid, combo pazzesca! Ma cosa vogliamo dire di Ramble On ? Uno dei pezzi più completi musicalmente parlando degli Zeppelin, dove Bonham ci delizia con i suoi famosissimi e velocissimi doppi colpi. Non si può negare la potenza devastante di questo brano folk-hard rock.
Come non si può negare nemmeno ciò che lo stesso batterista fa in Moby Dick (a mani nude) eclissando tutti i batteristi o buona parte di essi che fino ad allora avevano concepito o suonato lo strumento nel rock legandolo sempre a matrici blues. Questo diventerà il nuovo modo di suonare il rock, grazie a Bonzo. In chiusura dell’album il classicone blues Bring It On Home che verte anch’esso ad un suono heavy, zeppeliano, dopo l’armonica di Robert Plant.
Su questo meraviglioso
album ci sono tanti aneddoti quante sono le tecniche di sovra incisioni.
Partendo dal fatto che è stato frutto di molte querele per le solite questioni
di paternità testuali o musicali di alcuni brani (su tutti Willie Dixon e
Howlin’ Wolf) non mancano anche tantissime curiosità tra cui : dedicato alla
moglie Maureen Wilson il brano Thank You
fu scritto da Plant per esorcizzare le tentazioni extra coniugali a cui era
solito cadere il cantante, una sorta di talismano; in What Is And Should Never Be vi e’un riferimento sessuale alla
sorella della moglie di Plant , che renderà pubblica la loro relazione dopo il
divorzio con Maureen; in Whole Lotta Love
i microfoni inseriti sulle pelli della batteria catturano il pathos e i gemiti
di John Bonham al minuto 3’39” e 4’55” (provare per credere, correte ad
ascoltarli); Livin Lovin Maid
nonostante ebbe una notevole diffusione radiofonica non fu mai eseguita durante
i concerti; l’assolo del brano Heartbreaker
inspirò Eddy Van Halen alla tecnica del suo famoso tapping; Moby Dick nasce da
un collage di improvvisazioni di John Bohnam durante i tanti spostamenti tra
Regno Unito e Nord America, tutto rigorosamente curato da Jimmy Page; la
misteriosa modalità del batterista di tenere il tempo in Ramble On va dal battere una custodia della chitarra di Page al
sedile della batteria fino ad usare le suole delle sue scarpe!
Spodestando perfino Abbey Road dei Beatles e non permettendo a Let It Bleed degli Stones di arrivare al vertice, la miscela esplosiva decollò commercialmente con questo altro album di assoluta grandezza. Un album pieno di erotismo nei testi e nelle musiche dove i generi che fino ad allora erano prerogativa di gruppi specifici, si fondano come non mai creando quella potenza inaudita tanto cara al sottoscritto.
D’altronde parliamo
del martello degli Dei, il rock a 360 gradi !
Buon ascolto
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