IO E IL MIO CARO AMICO GABRIELE TARDIO.


Caro Gabriele,

quest’anno ricorre il decennale della tua dipartita (avvenuta il 18 giugno 2013) e sei mesi dopo rispetto a quella data i tuoi amici Angelo Ciavarella e Raffaele Nardella, nonché i tuoi familiari e tanti altri che ti hanno voluto bene, hanno voluto l’11 di questo mese ricordarti con un evento che vede coinvolti molti partecipanti, tra cui Giuseppe Soccio che esplorerà quel campo, storico e ambientale, in cui tu maggiormente ti sei distinto con impegno come ricercatore.

L’ impulso celebrativo arriva da un libro dal titolo “Ritorno in Irpinia” di Claudio Calzana, che come te ha vissuto la drammatica esperienza del post terremoto in Irpinia, precisamente a Teora (Avellino), dove tu insieme ad altri hai portato soccorso e sollievo in quella terra devastata dal sisma. Accadeva nel 1980 e tutti ricordiamo quella data poiché lo slancio di solidarietà che partì dal nostro paese contagiò davvero tutti. Li ricordo quei momenti concitati perché ero tra quelli che si adoperarono per la raccolta dei flaconi di sangue da trasportare con l’ambulanza. Dal nostro ospedale partì anche un Centro Mobile attrezzato che operò in quella zona non senza disagio ma con uno spirito umanitario senza precedenti.

Tu più di tutti ti adoperasti incurante del freddo della stagione e del disordine ambientale causato dal sisma, con umana pietà e spirito di sacrificio, portando un aiuto tra quelle comunità in ginocchio. E questo gesto da valoroso ti è valso il riconoscimento d’autorità di quelle persone a cui dedicasti un pezzo importante del tuo tempo, del tuo cuore e della tua esistenza. La tua è stata una solidarietà fattiva, concreta, francescana, che non si dimentica, che resta come un monumento alla Memoria palpitante nel cuore di tutti quelli che ti hanno conosciuto.

Per altri versi, caro amico mio, che tu fossi una persona speciale io l’ho sempre saputo sicuramente ancora prima di ritrovarci un giorno in quel vicoletto romantico che si apre sul fianco destro della chiesa di sant’Antonio Abate, in un periodo in cui quel luogo pulsava di una frenetica attività culturale molto contagiosa, nei primi anni ottanta, perché ci eravamo conosciuti da piccoli tra i banchi di una aula della scuola elementare “Balilla”, e con te c'era anche tuo fratello gemello Massimo, inseparabili. Ora che la mente con l'età avanzata è diventata più incline alla malinconia del rimpianto sapessi quanti ricordi mi tornano alla mente ma non riferirò nulla di questo stato d'animo. Anzi prima ancora di frequentare quei banchi noi già giocavamo insieme nelle stanze della tua abitazione in corso Matteotti. Mi rivedo ad un tratto mentre salgo quella scalinata maestosa, signorile, tanto che mi sembrava una reggia, che salivo a volte a perdifiato.

Quindi ne avremmo di ricordi da dirci ma i ricordi più fecondi sono venuti dopo, nell’età di mezzo, come dicevo, negli anni ottanta. Fu quello il momento in cui scoprimmo il ciclostile e l’uso pratico con cui si potevano riprodurre rudimentali fogli da stampa. Una idea geniale! Così stampammo in formato A4 su fogli ruvidi una farsa in dialetto scritta allora dal nostro impareggiabile Mikalett dal titolo “Chi magna sule c’affoca”, un testo teatrale, non so in quante copie. Io provvidi alla stesura, con tanto di presentazione introduttiva, e tu invece alla faticosa stampa. Quel fascicolo è ancora con me ben custodito nei miei archivi.

Ricordo anche il tuo interesse per lo scoutismo, quei contenitori pieni di formalina e di rettili conservati tra i piani degli scaffali, l’oggettistica artigianale in legno, i simboli della associazione presenti ovunque, in quell’ angolo angusto di paese dove convivevano le sedi dell’Agesci e dell’Avis, dirimpettaie, uniti dalla fratellanza culturale ma diversi da tutto il resto.

La tua curiosità intellettuale ti portò poi a esplorare le radici della nostra terra tra anfratti e zone nascoste, studiando il terreno palmo a palmo avendo come bussola i tuoi studi, la tua curiosità, le tue ricerche, le tue mappe immaginarie, la passione, e riuscivi sempre a tirar fuori da ogni cosa una spiegazione logica, una storia, una novità che poi pubblicavi nella tua personale Collana editoriale, le edizioni SMIL. Chissà se un giorno tutte quelle preziose pubblicazioni vedranno mai la luce sotto forma di stampa regolare. Nel nostro paese c’è sempre stata una vivacità editoriale non indifferente e voglio sperare che un giorno anche per i tuoi testi arrivi il momento della celebrazione. A dire il vero una celebrazione c’è stata. Non soltanto proveniente dalle autorità municipali di Teora, che hanno voluto giustamente menzionarti in un elogio pubblico, riconoscendo i tuoi meriti, ma anche quella del tuo paese ci hanno pensato conferendoti il leone d’argento, simbolo e massima onorificenza della nostra città. Atti dovuti, meritati.

In ultimo voglio ricordare qualche nostro momento relazionale trascorso con altri amici comuni: Nicola Spagnoli, Nick Petruccelli, Marco Coco, etc. quando, seduti, una sera d’agosto, sulla soglia del Minimuseo in religioso silenzio, in risposta al frastuono proveniente dalla piazza, causato dai decibel prodotti da CFNCFF, allora alle prime armi e già abbastanza identificativa, ammirammo le stelle avendo per sottofondo il brano di Franco Battiato, “Oceano di silenzio”.

Tempi indimenticabili, che non si possono cancellare.

Infine ci siamo ritrovati a collaborare insieme, chiamati per questo da Antonio Del Vecchio, un giornalista della Gazzetta del Mezzogiorno di Rignano Garganico, molto noto e attivo in paese, il quale ha voluto raccogliere, prendendo spunto da una mia recente Esposizione fotografica di cantanti e complessi sammarchesi, un gruppo di lavoro per raccontare al paese una bella storia di musica e di impegno sociale. Una esperienza nuova e molto stimolante per me, per te e per altri poiché esplorammo per la prima volta un campo dove finora mai nessun altro se n’era occupato, portando così alla luce un aspetto interessante della vita del nostro paese.

Finché un giorno arrivasti al pronto soccorso per un malanno improvviso. I nostri consigli e le nostre cure non bastarono perché qualche tempo dopo arrivò una chiamata urgente al nostro centralino. L’ambulanza partì di corsa ma tornò vuota.

Era il 18 giugno di dieci anni fa. Io e Nicola Spagnoli in quel frangente eravamo impegnati ad allestire una Esposizione di copertine di dischi in vinile quando arrivò la notizia della tua morte. La Mostra venne sospesa. Fu una tragedia. Avevamo perso un carissimo amico, un compagno di viaggio, quasi un fratello.


Luigi Ciavarella

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