LE PIETRE MILIARI DEL ROCK: "LIVE AT FILLMORE EAST 1970" DEI TEN YEARS AFTER DI ALVIN LEE.

 

Alvin Lee (1944 - 2013)

TEN YEARS AFTER

Live At Fillmore East 1970

Chrysalis Record (2001)


di Antonio Del Mastro

Appartenenti alla stagione d’oro del rock-blues inglese e attivi dal 1965 al 1973, i TYA se li sono dimenticati praticamente tutti. Molto conosciuti all’epoca grazie agli innumerevoli concerti svolti negli States ma soprattutto con la partecipazione al Festival di Woodstock del 1969, dove con il brano “I’m Going Home” incantarono e ipnotizzarono il pubblico attonito.

Alvin Lee e la sua mitica Gibson ES-335 rosso ciliegia, soprannominata da lui stesso “Big Red”, con gli altri componenti della band, il bassista Leo Lyons, l’organista Chick Churchill ed il percussionista Ric Lee, registrano uno degli album live più belli del gruppo (assieme all’altro capolavoro “Undead” del 1968) suonando al “Fillmore East” nel 1970. Esibizione questa in cui ai TYA piace dilungarsi e suonare in libera jam, un po' alla californiana, mostrandosi sicuramente più esperti e sicuri di sé rispetto ai primi lavori in studio. Presenti cover di Sonny Boy Williamson, Willie Dixon, Chuck Berry e Al Kooper e brani composti interamente dal leader Lee.

Si va dalla lunghissima jam medley di “Skoobly-Oobley-Doobob/ Can’t Keep From Crying Sometimes” agli assoli di batteria di Rick Lee in “The Hobbit”. Brani come il blues psichedelico “Help Me” e la suggestiva “50,000 Miles Beneath My Brain” più acid-rock dimostrano tutta la tecnica e la velocità di esecuzione dei riff sempre precisi e puliti, mai distorti e semplicemente sbalorditivi di Alvin. I classici “Roll Over Beethoven”, “Good Morning Little School Girl” e “Sweet Little Sixteen” sono autentici capolavori di energia sonora dove, in particolare nel secondo brano, il nevrotico dialogo strumentale tra Leo Lyons ed Alvin Lee è musicalmente sbalorditivo (credo dovuto a qualche sostanza eccitante dell’epoca…).

In “I Woke Up This Morning” si parte dal classico blues per sconfinare in qualcosa di più psichedelico ed ipnotico da ascoltare fino all’ultima nota, mentre non mancano sonorità country-rock della weast-coast come nel brano “Working On The Road”. Anche il classico di Dixon “Spoonful” non teme il confronto con i giganti Cream di Eric Clapton dello stesso periodo. Ma le vere perle dell’album restano “Love Like A Man”, che inizia in sordina con un riff blueseggiante e termina con un veloce e spettacolare assolo di chitarra, e il brano boogie più famoso di Alvin Lee, “I’m Going Home”.

Quello stesso brano che, e lo dico con una certa convinzione, lo considero un punto chiave della loro carriera a Woodstock ma anche la loro maledizione. Quel legame indissolubile, quel marchio di fabbrica a cui i TYA si legarono mani e piedi, convincendosi forse che non valeva la pena essere creativi ma bastava un po' di illusionismo tralasciando il rock blues e preferendo la chitarra pirotecnica per un rock più plateale. Come dire l’eterno e maledetto denaro sarà il motivo della lenta parabola discendente, assieme alla notevole superiorità tecnica del leader rispetto agli altri membri della band. Quella superiorità che rappresenta paradossalmente l’unica vera eredità del gruppo ma che non ha reso con la stessa intensità in nessun album di Alvin Lee da solista. Ed anche questo lo penso senza alcun beneficio del dubbio. Dopo la pubblicazione di “A Space In Time” nel 1971, contenente la hit “I’d Love To Change The World” che ha ottenuto più successo nelle classifiche, il gruppo non avrà più idee, le stesse che forse con l’album “Ssssh” volevano esprimere alle nuove generazioni.

La loro fama viene oscurata da giganti inglesi dell’epoca, primi fra tutti Led Zeppelin, Deep Purple e Black Sabbath, ma i Ten Years After non sono da meno in quanto a bravura e spettacolarità. Il loro rock-blues psichedelico con marcate sonorità boogie sprigionate dalla chitarra più veloce del R’n’R’ viene rimarcato da questo splendido doppio album rimasterizzato, curato e pubblicato dallo stesso Alvin Lee solo nel 2001 e ne rappresenta uno dei punti più alti della loro breve ma intensa carriera, come rimarcato nelle note di copertina dal batterista Ric Lee...provare per credere.

Buon ascolto



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