QUANDO SCOPRII I WHO DALLA PARTE SBAGLIATA.


Tra i primi long playing che acquistai a Colmar ci fu quello dei Who. Comprai l'album nel tardo autunno del 1971 in seguito alla lettura di un articolo di un giornale rock (credo Rock & Folk, il più autorevole) in cui la formazione inglese veniva indicata come una tra le più influenti del rock inglese contemporaneo. Scoprii soltanto in quella circostanza il valore della band prendendo coscienza che non furono soltanto Beatles e Rolling Stones (e la nascente scena hard blues dei Led Zeppelin e affini) i protagonisti della corrente scena Rock inglese, ma anche il gruppo di Pete Towshend. Quindi erano da conoscere.

Tuttavia non ero del tutto a digiuno della loro musica poiché tenevo bene a mente il loro brano presente nel triplo album Woodstock. Quel pezzo mi colpì in modo particolare ma non era l'unico indizio che mi portava a loro. Vi era stato già My Generation però nonostante il clamore non mi aveva conquistato del tutto. Insomma li ascoltavo su Woodstock come se fosse la prima volta, quindi senza sapere nulla dell'esistenza non soltanto di Tommy, da cui il brano We're Not Gonna Take It era tratto, ma neppure di Who's Next che era uscito da poco. Fu sufficiente quella traccia insomma a spingermi a cercarli nei negozi dei dischi, commettendo però una leggerezza perché invece di rivolgermi alle loro ultime uscite, come era mia abitudine d'altra parte, optai quella volta per una raccolta di brani con l'intento di avere una panoramica della loro musica, scegliendo una compilation, che mi sembrò la scelta più logica.

L'album aveva per titolo Meaty Beaty Big and Bouncy, (i loro nomignoli, suppongo) e sin dalla immagine di copertina (foto sopra) mi apparve fin troppo evidente che si trattava di una raccolta dei loro maggiori hits.

L'album però si rivelò una mezza delusione perché mi riportava indietro nel tempo nell'istante in cui cercavo di scoprire il presente. Forse avrei dovuto cercare meglio tra gli scaffali o lasciarmi consigliare dalla bella Marie Claire, sicuramente avrei trovato i due album usciti da poco : Tommy e Who's Next, indubbiamente molto più interessanti della compilation. 
Tra le altre cose era pure il periodo d'oro dei Who, ma io non lo sapevo, anche perché, oltre ai due lavori citati, ve ne fu un terzo, l'esplosivo Live At Leeds, uscito pressapoco nello stesso periodo, storico perché rivoluzionò addirittura il concetto stesso di album dal vivo oltre a sprigionare una energia incredibile. Avevo perso una bella occasione per entrare dalla parte giusta della porta per conoscere al meglio questo grande gruppo rock inglese. Ma avrei rimediato subito dopo la ripresa degli acquisti vinilici che avvenne nei primi anni ottanta, riuscendo a possedere, tra gli altri, anche una bella ristampa italiana cartonata di Tommy, oltre ovviamente a Who's Next e Live At Leeds, tutti titoli indispensabili in una qualsiasi discoteca di base rock che si rispetti.


Anche le versioni digitali meritano un' attenzione se non altro perché vi contengono molti inediti aggiunti. Una curiosità: l'album Who's Next, che all'epoca fu concepito da Pete Townshend come album doppio dal titolo Lifehouse sull'esempio dell'Opera Rock Tommy venne rimaneggiato per qualche ragione, ridotto ad album singolo come tutti lo conosciamo. E fu una fortuna, perché, c'è un detto, sempre attuale, che dice: quanti doppi album sarebbero stati dei capolavori se fossero stati singoli.

Ecco Who's Next è uno di quelli.
LUIGI CIAVARELLA




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