BATTERISTI E PERCUSSIONISTI A SAN MARCO IN LAMIS.
Non posso che cominciare da
lui, da Matteo Napolitano, (anche se il primo in assoluto fu Francesco “Cecchino” Russo, storico batterista di Tonino
Lombardozzi) il celeberrimo batterista dei Mods o Modernissimi (ma tra i due
termini vi è comunque una sostanziale incongruenza che all’epoca non è venne notata), per dare corso al censimento dei batteristi e dei percussionisti che hanno operato, o lo stanno tuttora facendo, all’interno di un gruppo. L’idea di indicare i tanti musicisti distintisi nel corso
degli anni in questa lodevole disciplina, mi ha portato a indagare, facendo
ricorso alla mia memoria, in un ambiente in cui un tempo il ruolo del
batterista non godeva di particolare attenzione. Da sempre considerato
secondario se non addirittura superfluo, il batterista invece è una figura
preminente nel suono di un gruppo. Un errore che il tempo ha giustamente
corretto.
La batteria di Matteo
Napolitano era, nella forma, poco più di un giocattolo. A
guardarla nelle foto d’epoca, oltre a provare una certa tenerezza, si nota
subito questa curiosità. Ma vi era un motivo logico alla base, funzionale
agli spazi angusti in cui la formazione era tenuta a suonare. In genere le feste di nozze, in quei tempi, avvenivano in abitazioni che diventava all'occorrenza, dopo lo svolgimento del pranzo nuziale, anche sala danzante. Poiché lo spazio era limitato, al termine del pranzo nuziale, si sgombravano i tavoli e si creava una pista da ballo. Una batteria più grande, capite bene, avrebbe avuto evidenti problemi di spazio. Matteo, a differenza degli altri, che continuarono a
prestare la loro opera in altre bande, all'indomani della scissione dei Protheus cessò di suonare in un gruppo stabile. Proprio quando le nuove
formazioni in paese stanno voltando le spalle a quel mondo di suoni naif
costituiti intorno ai balli tradizionali (mazurche, tarantelle, tanghi ma anche canzoni
melodiche) a vantaggio di un suono più fresco e moderno.
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MARIO MASULLO |
Nei settanta abbiamo avuto Tiziano Paragone, oggi indirizzato
verso sonorità più complesse, che partì da Il Mosaico, la formazione progressiva di Paolo Pinto, suonando anche nei Motu Propriu, con Teo
Ciavarella, Le Ombre, etc.; Aldo Pirro,
protagonista nei Fly, l’indimenticabile Luigi
Tantaro, Angelo Tenace dei
Roll’s 70, Stefano Canzio nei Delfini, poi Patrizio Del Mastro, Nicola Tenace, che cominciò nei ’70 con
I Riflessi del Sole per approdare ai Revival di Michele Fulgaro, dove
attualmente dimora. Aggiungerei anche un Raffaele
Nardella, (nella foto) indispensabile percussionista nei Festa Farina e Folk.
A partire dagli anni ottanta
la varietà dei batteristi si moltiplica, i suoni diventano rock e le influenze
si sprecano. Fare una cernita d’ora in poi diventa sempre più
complesso. Tuttavia alcuni nomi si fanno valere per la loro versatilità a cominciare da Luigi De Sol, figlio d’arte, dotato di un drumming molto personale (suona nella band di Ciro Iannacone dopo aver militato nei Virtuals, Zero 33,
etc.); seguono il creativo Pasquale Villani
della Pattuglia Cosmica, Antonio Ruggieri dei Monoreddito, Giuseppe Petruccelli dei Faberi (ma
anche eccellente compositore di rock alternativo), Michele
Potenza, Graziano Villani, Francesco Giuliani e Tommaso Pio Bevilacqua, che provengono tutti da formazione rock, e infine Enzo Donatacci
della band di Maurizio Tancredi. Sono tutti nomi di spicco della nuova scena musicale del paese, i nuovi protagonisti che danno ritmo e testimonianza, nel segno della continuità, alla grande varietà
di stili che agitano il nostro fondovalle.
Altri, tra batteristi e
percussionisti vari, si stanno affacciando alla ribalta, alcuni dei quali visti
durante i vari happening promossi dalla scuola di musica “Santa Cecilia”, altri
ancora probabilmente ne abbiamo dimenticato. Ma avremo altro tempo per
riparlarne o magari per correggere o aggiungere quanto abbiamo finora scritto,
senza avere mai la pretesa di essere leziosi.
Luigi
Ciavarella
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