BALLATA DEL FURORE di MICHELE COCO


Basta con cuore e amore.
Voglio cantare il sangue
versato dai pastori
sulle rocce spaccate
dal caldo dell'estate
o riarse dal gelo
dei lunghi tristi inverni:
una parola sola
e incrociano le accette
in un duello martale.

Basta con cuore e amore.
Voglio cantare il pianto
lungo dell'emigrante
che lascia casa e affetti
e annoda le speranze
con il ruvido spago
in lugubri valigie:
lassù nelle barracche
diventerà un bruto
per l'immensa paura.

Basta con cuore e amore.
Voglio cantar la rabbia
dei giovani pensosi
che attendono da anni
con infinita pazienza
il giorno del riscatto:
molti sono già stanchi
di blandire il potente:
non tarderà a scoppiare
il giorno del furore.

Basta con cuore e amore.
Voglio cantar le donne
nerovestite, i bimbi
sporchi di terra, i vecchi:
la vita che intristisce
in lunghe attese uguali,
lo scandalo dell' ozio
dei principi consorti
che si covano astuti
il posto di comando.

Basta con cuore e amore.
Voglio cantar la pena
degli oscuri braccianti
degli umili artigiani:
la loro lenta morte.
Denunciare la noia
delle lunghe riunioni
dove bizantineggia
con formulette astruse
il politico fine.

Basta con cuore e amore.
Voglio cantare il sangue
Voglio cantare il pianto
Voglio cantar la rabbia
Voglio vantar la pena
Voglio cantar le attese
lunghissime ed uguali.
Voglio cantare il giorno
del riscatto e dell'ira.
Basta con cuore e amore.

Michele Coco

Questo testo di Michele Coco, tratto dalla raccolta collettiva "Mitoclastie" del 1978 (gli altri Autori sono Antonio Motta, Sergio D'Amaro e Cosma Siani), così pieno di rabbia e rancore, di denuncia sociale, sarcastico, direi persino militante per la scrittura immediata che sembra prediligere, è una voce fuori dal coro. Una protesta fragorosa quanto inusuale per una persona come il preside Coco, sempre così attento alla forma metrica e all'eleganza classica.  
Qui sembra trovarsi a suo agio con termini che appartengono alla tradizione socialista dei primordi : emigranti, oscuri braccianti, umili artigiani, giovani, pastori etc. sono parole che appartengono al dizionario della condizione umana dei perdenti in un mondo dominato dalle tecnologie, dalla rumorosa inconsistenza della politica. A me sembra un testo dylaniano o gucciniano che vedrei bene musicato ed interpretato  con una melodia appropriata, nelle piazze, da qualche cantautore anche nostrano. (LC)

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