LA STRANA DISPUTA TRA ROCK E MUSICA CLASSICA
Non riesco ad immaginare la
storia dell’umanità senza l’invenzione della musica. Evidentemente essa è nata
insieme all’uomo, con suoni, rumori e canti che hanno accompagnato la sua
crescita civile e scandito i momenti più esaltanti della sua storia. Suoni e
rumori che giocoforza presto hanno avuto il bisogno di organizzarsi su basi
condivise offrendo così a tutti ampia facoltà di accedervi alla sua fonte. E’
un dato di fatto inconfutabile.

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Non sono interessato a
conoscere i misteri della musica classica né, volendo, avrei gli strumenti per
farlo. Tuttavia alcune opere musicali, per tanti motivi tutti riconducibili al
mio interesse per la musica rock, hanno avuto un ruolo importante della mia
vita se non altro per gli intrecci ibridi che hanno contribuito ad arricchire
un terreno incontaminato, se non per ragioni di consumo, perlomeno per i
risultati ottenuti in termini di qualità, seppure limitati nel tempo, subordinando
alla musica popolare brandelli di cultura classica-barocca, inventando di fatto
la nascita di un genere ma provocando allo stesso modo un equivoco madornale, un
limite posto allo sviluppo di un metodo che non ha ottenuto i risultati sperati
poiché la musica rock ha preteso di giocare alla pari una partita già perdente
in partenza. ( La musica rock
Progressiva 1970 – 1975 in Italia ).
Chiarito ciò mi preme
sottolineare, il mio rapporto con la
musica classica è sempre stato di natura impulsivo e anarcoide, disegnato
sempre sui miei bisogni temporali di conoscenza e di ascolto senza pretese
proto didattiche e ipotetiche affiliazioni, come d’altronde è accaduto anche
con la musica Jazz, che, allo stesso modo, è rimasta anch’essa estranea al mio microcosmo
musicale formativo.
Ma la musica classica al pari
della musica jazz è stata oggetto, a partire dalla fine degli anni sessanta, di
attenzione da buona parte del rock europeo, interessato ad interagire in un
momento di dialogo possibile sul piano della contaminazione tra generi
diversissimi tra loro ma contigui ad un progetto di immagine che vedeva la
musica universale non più misurata su piani differenti di percezione ma accolta
in tutta la sua integrità estetica e sostanziale. Non centrava nulla il fatto
che potessero scambiarsi le vesti. Era pensabile per esempio che un concerto di
musica rock avvenisse nei teatri consacrati alla musica classica mentre era del
tutto improbabile che la London Symphony
Orchestra, per esempio, suonasse partiture di musica classica negli stadi.
Quindi il rapporto non poteva funzionare ma la musica rock, forte delle sue
urgenze espressive e delle istanze sociali di cui era portatrice, in un dato
momento ha incominciato a prendere dal repertorio classico il suono che gli
serviva per tracciare un altro percorso esistenziale. Non solo la rielaborazione-adattamento
di melodie o la trasfigurazione di rigide partiture classiche ma la pretesa di
spingersi sino a sottrarre al genere classico gli elementi più spettacolari per
consumare sino in fondo una appropriazione spesso indebita, nonostante il rock
sino a quel momento altro non era stato che un’accozzaglia di suoni blasfemi,
selvaggi, malati sin dentro le proprie viscere. Insomma un suono plebeo che
pretendeva di rubare alla nobile arte dei salotti e dell’educazione musicale
dei teatri il loro status di musica per menti raffinate, barocchismi sensibili
ed arie tra le più struggenti mai scritte, nutrimenti agli antipodi per una
generazione che stava portando a compimento tutte le forme viventi della
musica, dal jazz alla classica all’elettronica sino a scardinare i terreni
della musica folk e popolari in un rapporto crescente di intuizioni geniali
tali da regalare alla musica leggendarie performance e dischi da favola, a
volte con garbo, intelligenza e competenza, altre volte invece con molta
approssimazione superficiale.
E’ dunque questa la forza della
musica rock, trainare cioè nel proprio “ caos organizzato “ ogni forma di
contaminazione, direi persino la sua missione primordiale. Tutto questo nei
primi anni settanta, che furono momenti di crescita straordinaria in ogni campo
dello scibile musicale possibile e atto di nascita di un serio confronto tra
tutte le anime presenti nell’agone, dagli interessanti sviluppi imprevedibili
sino alla paranoia insopportabile e catastrofica sconfitta per la incauta esigenza
di pretendere i segni della musica globale come fine degli steccati che,
secondo i nuovi padroni del vapore, non avrebbero mai più ostacolato i vincoli
di un rapporto fondante di musica
universale.
Naturalmente non è stato cosi.
I pochi che hanno creduto, inconsciamente o incautamente, hanno finito i propri
giorni in ambienti underground altri hanno cessato ogni velleità di
comunicazione mentre molti dei protagonisti semplicemente hanno continuato a
voltare pagine senza ottenere più quella visibilità che hanno cercato per tutta
la loro vita.
La musica punk nella primavera del 1976 spazzerà via tutto poiché il
ritorno alle piazze sudice e malsane è sempre stata la vera vocazione del rock,
la cornice ideale, la propria raison
d’etre , la stessa sopravvivenza. Questa volta ancora più viscerale, il rock
assorbe tutte le istanze sociali, dal degrado al disagio giovanile i temi cari
al popolo giovanile del rock, e li rappresenta nella maniera più consona.
D’altra parte non si chiede
altro al rock se non essere se stesso.
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I brani o intere opere
scippate alla musica classica o semplicemente rielaborate o citate più o meno
consapevolmente è piena la storia della musica rock. D’ altra parte è
inevitabile che la musica finisca sempre per confrontarsi senza distinzioni,
persino somigliarsi. Naturalmente il momento più stretto di avvicinamento tra i
due generi è stato il periodo che va dalla fine degli anni sessanta alla fine
dei settanta poiché fu quello il momento in cui nel rock prese vita la
consapevolezza di suonare un tipo di musica più adulta, ragionata con criteri
moderni, evoluta. Grazie anche all’invenzione dei nuovi strumenti musicali elettronici
come il mellotron e i vari sintetizzatori che presero piede verso la fine dei
sessanta in Inghilterra soprattutto,i musicisti rock più esposti alla
contaminazione presero la decisione di “progredire” la propria musica su piani
più meditativi ed elaborati, fornendo in tal modo la creazione di un ibrido
musicale senza più costrizioni stilistiche confrontando le proprie idee soprattutto
con la musica classica, non sempre con il rispetto dovuto, provocando la
protesta dell’elite classica non disponibile per ovvie ragioni ad accogliere
intrusioni nel loro campo ovattato né tantomeno a confrontarsi con quella
teppaglia insulsa e arrogante che per motivi inspiegabili un bel momento ha
deciso di abbattere ogni barriera senza mai riuscirci.
Do qualche cenno del cammino
della musica “altra” quella che ha rubato alla classica metodo e arie per i
propri bisogni stilistici. Gli Aphrodite’s
Child nel 1968 pubblicano il loro secondo singolo dal titolo Rain
and
Tears, il tema del brano, arrangiato da V. Papathanassiou, leader del gruppo greco, è preso da un’aria del Canone
di Pachelbel del XVII secolo, per
clavicembalo e violino. Il pezzo avrà un buon successo.
Il gruppo inglese THE NICE adatta e rifà Bach e Sibelius con una disinvoltura tale da far gridare allo scandalo il
mondo accademico della musica colta. Il protagonista blasfemo principale è Keith Emerson che di lì a poco formerà
insieme a Greg Lake e Carl Palmer la famosa band che porta i
loro nomi, continuando su questa linea di adattamento di famose arie di musica
classica. Inoltre i Nice sono pure responsabili
di un personale adattamento del celebre tema di Leonard Bernstein, America tratto dall’opera West Side Story.
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EMERSON LAKE AND PALMER |
Emerson
Lake & Palmer si spingono sino ad adattare una famosa opera
di Modest Mussorgkji, Pictures
At An Exhibition, in cui si alternano alle partiture originali del
maestro russo spunti musicali del gruppo in un perfetto equilibrio che rasente
il miracolo. Lo stesso fanno con Fantasia para un gentilhombre di Joaquin Rodrigo, noto strumentale
inserito nel 1978 in un album poco fortunato ( Love Beach ). Senza
dimenticare che lo stesso gruppo prende spunto dalla toccata e fuga in fa maggiore BWV
540 di J.S.Bach per
arricchire le partiture del loro album Tarkus qualche anno prima. Chiudiamo
con il Bolero di M.Ravel ( Abandon’s
Bolero )presente nell’album Trilogy, considerato il loro lavoro
più compiuto, che il famoso trio elabora sulla scorta di un progetto a schema
che sarà il tema conduttore dell’intero progetto. Lo stesso dicasi per il canto
liturgico del poeta William Blake, Jerusalem,
in apertura del album Brain Salad Surgery del 1974, che ha
chiaro l’ incedere barocco.
Altre curiosità possono essere
per esempio il brano A Whiter Shade of Pale dei Procol Harum del 1967, brano conosciutissimo
in tutto il mondo, che altro non è che l’adattamento suite per orchestra n. 3
di Bach, nota anche col titolo Arie
sulle mie corde. Come si può notare il buon J.S.Bach è il musicista classico più gettonato e usurpato e questo può dirla lunga sui legami
concettuali tra musica rock e classica.
Naturalmente ci sarebbero
tanti altre citazioni da fornire ma occorrerebbe scrivere un intero libro per
meglio focalizzare il fenomeno, tuttavia ricordo in corsa che i Deep Purple hanno scritto un intero
lavoro sul rapporto tra musica rock e orchestra sinfonica nella fattispecie con
la Royal Philarmonica Orchestra,
peraltro privo di successo ; i New
Trolls hanno fatto altrettanto tirando per i capelli Antonio Vivaldi nel famoso Concerto
Grosso, lo stesso hanno fatto più o meno tanti altri gruppi prog italiani,
(il Rovescio della Medaglia Contaminazioni per esempio, sulla
scia del progetto affine a quello dei New
Trolls ) e tanti altri.
LUIGI
CIAVARELLA