ANTONIO VERDE UNA FIGURA D'ARTISTA D'ALTRI TEMPI.
Detto anche “Lu rusce” (il rosso, per i suoi capelli rossicci) Antonio Verde è stato una figura preminente nel campo della musica in paese, oltre a svolgere ad arte il mestiere di barbiere. Antonio Motta lo ha ricordato in un passaggio del suo libro autobiografico “La casa di via Calvitto”.
" Nei suoi giri, immancabile era la visita alla barberia di Antonio Verde, in corso Matteotti, che stranamente per i suoi capelli rossicci era chiamato " il rosso ". Aveva la voce burbera e gridanciara, il linguaggio grasso dei facchini. In questa barberia angusta, miseruccia,come potevano essere quelle di paese, profumata di lavanda, stavo qualche ora seduto impressionato dai discorsi degli adulti, che nel sabato della feste, lì avevano un punto di ritrovo sicuro ed esercitavano il pubblico pettegolezzo. Era una novità suggestiva sentire tratteggiare il volto di un personaggio, o il commento ineffabile delle novità accadute. " Il rosso ", tra una barba e un'altra, deus ex machina di quel teatrino variopinto e multietnico (che mescolava le razze, se cosi posso esprimermi, indigeni e cafoni, professionisti e artigiani), suonava il mandolino e strimpellava le arie di Caruso come “Furtiva lacrima” o “La Traviata” di Verdi. Rammento - immagini che mi vengono da molto lontano, quasi dall'altro mondo - il bricco azzurrino che nel tepore della cenere assicurava l'acqua tiepida per le barbe ispide, i calendarietti di Natale, profumati di eros e borotalco, con la scandalosa Rita Haywort in copertina.” (Antonio Motta).
Questo affettuoso ricordo che Antonio Motta rivolge alla figura di Michele Verde e alla sua "botteguccia" di barbiere sita un tempo nel corso principale del paese, è uno dei ritratti più belli presenti nel volume La casa di via Calvitto, romanzo autobiografico che il noto scrittore di San Marco in Lamis ha voluto dedicare ai luoghi della sua infanzia e della sia adolescenza facendo ricorso alla memoria, viva e struggente, dei tanti ricordi di quei luoghi e di quelle numerose figure che quella strada e le zone circostanti hanno animato. Sono le ombre delle tante minuscole botteghe artigianali, popolate da tanti piccoli anfratti in cui la laboriosa gente del paese esercitava mille attività e tanti mestieri che profumavano di dignità e che sono scomparsi man mano che il tempo e la modernità avanzavano, sino a distruggere ogni traccia della loro presenza.
Michele Verde, detto zio rosso (lu rusce) per via dei suoi capelli rossicci, lo possiamo considerare forse il primo, per quanto ci è dato sapere, a dare corso in paese alla costituzione di una formazione musicale leggera con caratteristiche seppure ridotte di numero non dissimili dalle piccole bande musicali con l'impegnativo compito di allietare feste nuziali e banchetti per ogni occasione, fornendo così deliziosi siparietti a base di canzoni popolari sammarchese, napoletane e anche note arie di musica lirica ad una platea sempre disponibile all'ascolto. Una delle sue sue maggiori qualità era l'orecchio musicale che gli consentiva di percepire al primo ascolto note e melodie di qualsiasi brano senza il bisogno di dover indagare, senza fatica, il tutto con una naturalezza a dir poco stupefacente.
Ma “zio rosso” era noto sopratutto per aver insegnato, nella sua piccola bottega di barbiere, ad un folto numero di volenterosi apprendisti il modo di suonare la chitarra o il mandolino attraverso un insegnamento forse poco rispettoso delle regole ma molto efficace, costruito su una semplicità didattica che teneva conto lo scopo che ciascun allievo si proponeva, cioè quello di poter suonare una serenata d'amore alla sua bella oppure suonare con amici in allegria (con Michele Fulgaro, Giuseppe Petrucci, Luigi De Carolis vedi per esempio i Walter Pipet).
Ma zio rosso Insegnò sopratutto a suo figlio Michele, non solo a suonare la chitarra ma anche l'uso del pennello, rivelatosi subito uno dei tanti talentuosi protagonisti della scena musicale del paese dapprima suonando nel complesso i Modernissimi e in seguito nei Protheus lasciando così, insieme ad altri una testimonianza profonda nella storia della musica a San Marco in Lamis.
LUIGI CIAVARELLA
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