MORTO JOHN RENBOURN, IL GRANDE CHITARRISTA DEL FOLK INGLESE.
Un infarto si è portato via ieri,
all’età di 70 anni, John Renbourn,
chitarrista formidabile nel campo del folk jazz inglese, noto soprattutto per
aver dato vita, insieme a Bert Jansch,
un altro grande virtuoso della chitarra folk, scomparso anch’egli nel 2011, la
cantante Jacqui McShee, il
contrabbassista Danny Thompson e il
batterista Terry Cox, ai Pentangle sicuramente insieme ai Fairport Convention, il più grande
gruppo inglese di tendenza folk jazz.
Le sue origini musicali risalgono
agli inizi dei sessanta in una Londra che si sta preparando a diventare punto
di coagulo delle diverse tendenze musicali e artistiche che stanno interessando
l’intera nazione in un contesto di grande aspettativa per il futuro della
musica inglese. Si occupa presto di folk tradizionale anche se il suo primo
disco uscito nel 1966 è infarcito di brani provenienti dal repertorio dei
classici blues americani, ( Muddy Waters,
Blind Boy Fuller, ecc… ) come d’altra
parte era d’uso in quel periodo. L’incontro con Bert Jansch prima, nei primi anni sessanta, e Jacqui McShee poi, indirizzano il grande chitarrista verso il folk
provando già da subito a contaminare il genere con virtuosismi jazz e blues,
che saranno il marchio di riconoscimento della sua musica.
![]() |
John Renbourn insieme a Jacqui McShee |
La nascita dei Pentangle, avvenuta nel 1968 con la
pubblicazione del primo album,
cambia i progetti del chitarrista poiché il gruppo britannico si impone subito
come uno dei maggiori riferimenti di contaminazione tra folk, jazz e blues di
livello altissimo essendo i musicisti tutti provenienti da scene musicali
diverse, uniti dal collante della passione per la ricerca, che sarà per tutta
la durata della loro vita artistica, attraverso cinque anni di ininterrotta evoluzione
stilistica, la cifra entro cui verrà ricordata la loro musica. Una discografia
formata di sei album, preziosi e fondamentali, che parte dal primo omonimo debutto del 1968, come accennavo prima, per concludersi con
Solomon’s Seal nel 1972, inglobando
autentici capolavori come per esempio il secondo Sweet Child, che cita Mingus
e la ballata tradizionale britannica in un rapporto naturale di sintesi che si
innesta nel flusso della dialettica che sta interessando in quegli anni la
musica rock inglese. Meglio faranno con Cruel
Sister nel 1970, l’album che meglio
identifica il loro stile fatto di stupende ballate e virtuosismi
deliziosi, con la voce della McShee che raggiunge vette inarrivabili. Prima
però c’era stato Basket of Light, il
lavoro che aveva dato al gruppo la necessaria visibilità, fatto di brani che
ottennero un certo successo e che servì
a dare slancio alla loro carriera, che nei successivi Reflection e Solomon’ Seal
sarà più evidente.
Dopo la fine del gruppo ( che
verrà riesumato da Jacqui McShee,
tuttora in attività live sui palchi britannici ed europei ), John Renbourn riprenderà la sua
carriera solistica, che peraltro, nonostante gli impegni con i Pentangle, non aveva mai abbandonato,
con album di grande spessore artistico come The
Lady & the Unicorn del 1970, (
bello anche Faro Annie, più personale
) da tutti considerato come il capolavoro massimo dell’artista londinese,
facendo seguire una discografia regolare e proseguita sino ai giorni nostri,
puntellata di collaborazioni importanti (con Stephan Grossman per esempio, Van
Morrison, ecc..) e di studi di ricerca delle radici tradizionali della sua
terra.
Luigi Ciavarella
Commenti
Posta un commento