L'HARD UNDERGROUND DEI BOLDER DAMN
Nel
1967 nasce in Florida, a Fort Lauderdale, una delle tante garage band
dell’epoca. Sotto la spinta della Summer of Love e attraverso lo stravolgimento
della pop music, con l’avvento del rock e di tutto ciò che lo stava creando,
allevando e istruendo, in Florida tre giovani armati di batteria, basso,
chitarra e microfono si danno un nome, Bolder Damn. Il tempo passa, un quarto
elemento stabile non lo si trova, ma la band accresce il proprio sound e lo
plasma con le fattezze del rock. Subisce le influenze dei Black Sabbath, degli
Iron Butterfly, forse anche dei Frijid Pink. A questo punto i Bolder Damn, è il
1971, hanno un bel po’ di pezzi ben definiti in repertorio, cosa indispensabile
per una band dell’epoca, esordiente o sconosciuta che fosse, che tentare la
strada della professionalità o comunque quella di essere una vera band, di
professione, che suona live, in radio e che fa dischi. Nel 1971 arriva un vero
cantante e che sa essere anche frontman. Il dado è tratto e l’anno dopo
quell’insieme di canzoni diverranno Mourning, un album registrato in sole 4
ore.(* l'album è stato ristampato in copie limitate dalla Rockadelic Records nel 1990, ndr). E pensare che fu anche detto alla band che occorreva un’altra canzone
ancora, per riempire un lato dell’album e così i Bolder Damn scrissero “Get
That Feeling”. La band scomparve poco dopo e “Mourning” praticamente diventa
una rarità, ma la Shadow Kingdom Records grazie ai nastri personali del
chitarrista Glenn Eaton (e al lavoro in fase di missaggio di John Archer), è
riuscita a rimettere sul mercato questo album in versione CD. John Anderson è
il vocalist che si è reso protagonista in tante esibizioni live, oltre ad aver
dato una personalità spiccata alla musica di Bob Eaton, batterista, Ron Reffett, bassista, e del già citato Glenn. Mourning è un
esempio di sonorità all’alba degli anni ’70, molto simile a Pentagram, Black
Sabbath e Blue Cheer (cito i nomi della campagna promozionale della Shadow
Kingdom, ma chiunque ha dimestichezza con la musica di quegli anni rintraccerà
tante cose). Apre "BRTCD", ovvero rock energico, ispirato, distorsioni
scheletriche e vibranti, un basso elegante e vivace, il drumming asciutto e
istintivo. Grande assolo di chitarra. "Get That Feeling" concede molto al blues
e Monday Mourning è la conferma che la band è statunitense, visto l‘uso
massiccio di una chitarra con andamento alla Chuck Berry. Rock On subisce gli
effetti lisergici (ma in modo tenue) della Weast Coast e “Find Away” ha radici
nei Led Zeppelin (in particolare la struttura basso-batteria mi ricorda quella
di “Good Times, Bad Times”). “Breakthrough” abbonda di blues, di rock ‘n roll,
ed ha cori quasi alla Rolling Stones. Il pezzo è scarno, modale, fatto di fasi
scandite, nel riffing e nel ritmo. Sa molto di rock-blues all’inglese. ”Dead
Meat” è quel tipo di composizione votata ad essere una suite (o una lunga jam)
e che in molti in quegli anni adoravano esibire negli album. Lo facevano anche
band che realizzavano solo canzoni di 3’. Un capriccio che si concedevano in molti
e che spesso ha tirato fuori belle cose. “Dead Meat” va oltre i 15’, ha un
incipit con un riff malinconico, ombroso e dopo diventa sabbathiano. Nel totale
il brano ha una vaga struttura progressive, possiede sprazzi neo-psichedelici,
ma nel complesso i riff sono sempre molto pesanti e quasi gotici. “Mourning” è
un pezzo del passato, rispolverato attraverso un’attenta opera filologico
musicale che rispetta quei suoni, da ascoltare rigorosamente ad alto volume.
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Alberto
Vitale
www.metalhead.it
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