LA MISURA DEL DOLORE.


Il dolore ci sorprende sempre. Ci sorprende sopratutto quando, in punta di piedi, sembra voglia sfiorarci per mandarci segnali, avvertirci dell’imminente mutazione di vita che sta per compiersi nel nostro corpo perché il dolore quando sopraggiunge modifica la nostra esistenza e il nostro comportamento, cambiando la nostra visione della vita. Il dolore ci appartiene. Non sempre unisce spesso allontana perché rapportarsi di fronte a questo stato di sofferenza può causare scompiglio all’interno di una relazione. Non tutti riescono a gestirlo, a volte esso devasta l’organismo e sconvolge i sensi determinando un cambiamento radicale in una persona. Sopportarlo non è affatto semplice men che mai ignorarlo. Neppure farselo amico è conveniente, renderlo umano, confidenziale, poiché il dolore è subdolo e ti colpisce quando credi di averlo soggiogato. Non è possibile vincere, distruggere, abbattere il dolore. Quando pensiamo di averlo sopraffatto ecco che ritorna più forte di prima, invincibile te lo ritrovi sottopelle vittorioso e trionfante, condizionando ancora di più la vita del posseduto quasi con scherno. Vincere il male è soltanto una pura illusione. Lui è il padrone della nostra vita e dispone di noi come vuole. Esso ci costringe a combatterlo. Illusi qual siamo pensiamo di vincerlo con i medicinali ma spesso quando pensiamo di averlo sconfitto ecco che riappare ancora più forte di prima. E temiamo che voglia vendicarsi per averlo sottostimato pensando che una semplice puntura potesse fermarlo, tenerlo a distanza o addirittura ucciderlo. Che ingenui siamo stati a credere che un farmaco possa annientare un avversario così temibile, che conosce ogni angolo del tuo corpo, ogni anfratto di te. Che ti ha visto nascere, crescere poiché è vissuto sempre dentro di te e con te, ha visto mentre ti illudevi di vivere la tua bella giovinezza senza mai immaginare minimamente che un giorno l’avresti incontrato e quando ciò sarebbe accaduto avresti subito pensato, come tutti pensano a quella età di adolescente, che il dolore dell’anima si può sconfiggere con facilità. Ma mentre tu minimizzi la forza di questo dolore nel frattempo lui si autoimmune, usa tattiche nuove, si prepara ad una contromossa efficace, si concentra per studiare nei minimi dettagli i punti deboli dove poterti colpire. Pensa astutamente a quel giorno in cui tu sarai debole, malato, distratto, per insidiarsi nel cervello e condurti alla esasperazione. 
Ma se volessimo darle un volto che immagine avrebbe il dolore? Quali sembianze avrebbe un simile spregevole personaggio semmai avesse una forma umana? O meglio se avesse sembianze di una bestia immonda poiché di ciò si tratta: di una mostruosità indefinita, mitologica, fantasiosa, bizzarra che incute paura, terrore. E se fosse invece un demone minuscolo al punto da introdursi dentro la tua carne, nelle profondità delle viscere, dentro il proprio cervello? Un essere animato dal rancore come se si trattasse di un microbo dispettoso, un altezzoso e superbo puntino infinitesimale che non ha neppure una visibilità definita ma che si diverte a guardarti soffrire quasi con piacere sadico. Un demone persino armonioso che si diverte a torturarti poiché si prende gioco di te offrendoti l’opportunità di giocare con il tuo stato di sofferenza, ti offre una chance di salvezza e crudelmente di fornisce anche le carte con cui dovrai batterti con lui, insegnarti le regole del gioco senza mai rivelarti del tutto la soluzione. Un gioco beffardo con cui non hai scampo. In qualunque posizioni ti poni perdi sempre. Il diabolico gioco custodisce il segreto della resa come metafora di cui non nutriamo alcuna speranza di svelarne la natura. Eppure, testardi, non rinunciamo a combatterlo; seppure, con un filo di voce, gridiamo la nostra libertà pur sapendo quanto sia difficile una vittoria in campo avverso. Nonostante proviamo a inventarci ogni rimedio con lo scopo di annientarlo, colpirlo, ridurlo al silenzio perpetuo siamo costretti ad arrenderci di fronte all’evidenza. Ci riusciremo mai? Una triste verità che può condurci alla follia poiché quando il fluido infetto è già penetrato nel tuo organismo indifeso, quando i suoi tentacoli, come liquido che viene riversato nell’ incavo di un tronco, hanno conquistato ogni parte di te e ciascuna cellula si è sottoposta alla legge del nuovo padrone, allora non ha più senso avere più ragione del male. Vi sopraggiunge la morte che aggiusta ogni cosa.
11/09/2017

                                                                                                                                                         Luigi Ciavarella

Post popolari in questo blog

IL BORGOMONDO DI ANTONIO FRANCAVILLA.

"BARBARA" DI PREVERT, OVVERO L'AMORE AI TEMPI DELLA GUERRA.

"DURANTE TUTTO IL VIAGGIO LA NOSTALGIA NON SI E’ SEPARATA DA ME” , poesia di NAZIM HIKMET