POESIA COME VIAGGIO



Da questa altezza vertiginosa
respiro l’aria funesta di Chernobyl
e la brezza del gran canal dello Starale
tra gorgheggi di acque putrefatte
e profumi esaltanti di sambuco.  
Potremmo osservare la piana dei Catapani
nella sua maestosa interezza come una taiga,
da questa balconata naturale,
con le sue spighe agitate dal vento
e le betulle che si specchiano nello stagno,
altezzose in questa stagione strana d’estate.
Oppure dentro i rivoli del Candelaro che tagliano i sentieri
dove spesso si possono incontrare
gli sguardi impaurite delle rane
immobili, vicinissime allo specchio d’acqua
gonfie d’ attesa mentre fissano la preda. 
Respiro il profumo di Parigi
i cento ponti che attraversano la Senna
e i boulevard che mi ricordano nei sogni
il grande Jacques della guida Michelin
odorose di puttane, di caffè e di Pastis.
I clochard sono fermi agli angoli della strada
altri sotto i ponti del fiume conservano cartoni per la notte,
stipano con cura bottiglie di vino St. Morand
tra gli stracci ai margini dei canali.
Mi ricordano Colmar queste strade di pietre
grigie di madreperla che corrono a valle
quasi a precipizio; gli indolenti vialetti
che profumano di fiori di gelsomino,
inebrianti sentieri della vita mi passano accanto
tra percorsi odorosi di lardo e di salsicce;
neanche fossimo a Praga o nei bassifondi luridi
desolati di Marsiglia o tra i vapori che ristagnano
nelle bettole maleodoranti di Barcellona,
dove la santa inquisizione accende ancora fuochi
e getta i resti degli eretici nei rigagnoli davanti al porto
prima della partenza dei piroscafi verso l’ignoto.
Luigi Ciavarella

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