L'ULTIMO VALZER INSIEME AI POOH.
Il famoso gruppo
pop italiano ha annunciato, dopo cinquanta anni di vita musicale insieme, di
sciogliersi l'anno prossimo. Sono previsti per l'occasione due mega concerti
(Milano e Roma) e una nuova emissione di CD in formato deluxe.
I Pooh, il famoso e popolare gruppo pop
leggero italiano, ha deciso di finirla qui. Hanno detto basta dopo cinquanta
anni esatti dalla loro prima apparizione discografica cioè dal 1966, anno in
cui venne pubblicato il loro primo 45 giri, Vieni fuori direttamente da una cover d'annata proveniente d'oltre
manica. Un po come si usava in quel tempo le cover, (che sono state una sorta di
furto diffuso, legalizzato e condiviso), erano il retaggio abituale in cui si
formavano carriere musicali e si ottenevano, per quelli meno fortunati, lampi
di notorietà, poiché duravano lo spazio di un mattino.
I Pooh iniziarono da subito a scrivere
canzoni, con testi di tipo adolescenziale, grazie alla fertile penna di Valerio
Negrini, autentico, sensibile poeta, artigiano della parola
persino migliore di Mogol, se si esclude la feconda esperienza avuta con Lucio
Battisti alla Numero uno. Rispetto ad altri (per esempio l'Equipe 84 e i
Camaleonti tra i più gettonati all'epoca) che pubblicavano a raffica soltanto covers di diversa natura stilistica e
provenienza, il gruppo bolognese nei tre albums che caratterizzano i loro anni
sessanta alla Vedette, si spinsero a scrivere anche brani originali seppure di
facile e a tratti banali contenuti tanto che, nei primi anni settanta, quando si
rese necessario mutare immagine, il passaggio dal beat, ormai decadente, ad una
forma di canzone mielosa e di successo, i Pooh
rifiutarono persino i loro lavori precedenti tanto da intitolare la loro prima
opera appunto Opera prima.
Nei sessanta,
quindi, fatta eccezione per un paio di brani, il resto è un banale
caleidoscopio di canzoni insulse e prive di nerbo, leggere come foglie di carta
velina, che vogliono imitare Beatles e affini, il pop emergente edulcorato
e gentile di stampo anglo sassone, senza tuttavia lontanamente mai riuscirci,
salvo Brennero 66, che diventa da
subito “l'altra faccia” del beat, che getta un clima di sospetto su fatti che
la musica leggera non aveva finora previsto ma che irrompe con la forza di un
uragano su una scena in sostanza tutto sommato frivola e modaiola, assortita e
impegnata ad allietare i pruriti giovanili e le esigenze di profitto
dell'industria, sempre attenta a queste trasformazioni. Il brano parla di
terrorismo altoatesino, di morte e distruzioni con la cruda analisi di un
fenomeno che l'Italia, assorta a godersi gli effetti del consumismo spietato di
fine decennio, prova a rimuovere dalle proprie abitudini. La censura arriverà
puntuale ma sarà l'unico caso in cui i Pooh si lasceranno sedurre da una
denuncia sociale tanto estrema. Lo rifaranno negli anni novanta con un altro
paio di canzoni significative ( Pierre che parla di omosessualità e Uomini
soli che invece
tratta il tema della solitudine) ma nei sessanta quella canzone è un pugno
nello stomaco, un coraggioso esempio di come si possa veicolare una canzone
beat verso sentieri del tutto imprevedibili.
Nei settanta con Tanta
voglia di lei la
band emiliana cambia registro e si spinge verso un pop d'autore, ricco di
arrangiamenti forse fin troppo esagerati per la costruzione di una serie
canzoni di successo che puntelleranno tutto il corso del decennio e sono ancora
tuttora nella mente e nell'anima di tante generazione (la mia in primis) che
sono cresciute all'ombra di questa musica forse abbastanza stucchevole ma
capace di suscitate moti di cuore inevitabili e far sbocciare amori improvvisi
per le parole stupende e la musica avvolgente che essi hanno sempre posto in
essere. Poi la musica del gruppo diventa marchio e tutto si svolge all'insegna
di un business che travolge la spontaneità e l'originalità a favore di un
impegno rivolto all'intrattenimento puro e crudo, costruito su spettacoli
sempre super tecnologici che nulla hanno più a che vedere con la loro musica.
I Pooh che
lasciano la scena (con due concerti a Milano e a Roma previsti l'anno prossimo a giugno)
hanno l'aspetto di quattro ragazzi (più Riccardo Fogli che, allontanato nel
1973, è stato riaccolto per l'occasione) che si son divertiti a suonare senza
la pretesa di cambiare il mondo, sempre accolti per tutta la durata della loro
storia, con calore e affetto dalla numerosissima prole di fans presenti in
tutta la nazione, senza mai stravolgere più di tanto la loro redditizia cifra
stilistica che ha dato loro tanta soddisfazione, in termini sia di popolarità
che di profitto.
Luigi Ciavarella
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