ABBIAMO TUTTI UN BLUES DA PIANGERE

Mi vengono in mente un paio di album del nostro glorioso passato Progressive per descrivere il panorama desolante che si respira oggi nella mia città : Felona e Sorona delle Orme e Abbiamo tutti un blues da piangere del gruppo jazz rock romano dei Perigeo. Il primo per fissare una immagine di decadenza ormai ineccepibile e il secondo per testimoniare una condizione di frustrazione che tutti avvertiamo e la conseguente impotenza nel porvi rimedio.
Entrambi vanto del nostro (poco) autoctono Progressive Rock e pubblicati nello stesso anno 1973, il primo è un concept come si usava allora ovvero un tema che veniva blandito in tutta la durata del lavoro, nel nostro caso la vita di due pianeti immaginari appunto Felona, illuminato e felice come ben descrive Aldo Tagliapietra, leader e vocalist del trio veneziano, e Sorona invece triste e desolato, buio e angosciato. Due pianeti dirimpettai che hanno subito un diverso trattamento dal destino decisamente contrapposti. Luce e tenebra. Una metafora che si può associare al nostro paese nei confronti dei nostri dirimpettai di San Giovanni Rotondo, per esempio, o, se preferite, di qualsiasi altro paese poiché chiunque può vantare nei nostri confronti qualcosa di positivo che noi non abbiamo.
Il disco delle Orme, considerato dalla critica italiana ed europea il capolavoro del gruppo (io gli preferisco decisamente il primo, Collage, più spontaneo e musicalmente più dotato, ma è solo una mia opinione) può vantare il merito di aver dato slancio alla musica rock italiana, (insieme a pochissimi altri) sino a qualche anno prima prigioniera di un certo cliché, avviando oltremodo una via indipendente del rock italico che sarebbe durata poco tempo ma sufficiente a darle lustro negli annali che trattano questi argomenti.
Ritornando al nostro pianeta lugubre e spettrale San Marco, come Sorona ha vissuto anch'essa la sua epopea di grandeur se paragonata al passato rispetto ai paesi vicini, un tempo non lontano, scarsi e poco produttivi, cimentandosi anche in molte attività (artigianali in primis) che hanno elevano il suo spirito di intraprendenza ben oltre ogni aspettativa. San Marco in Lamis, per esempio, alla fine del secolo ottocento aveva già la corrente elettrica che produceva da sé e la forniva all'intero abitato, quando i paesi vicini, e lo stesso capoluogo, l'illuminazione pubblica e privata veniva alimentata ancora a petrolio. Questa la dice lunga sul grado di emancipazione che avevamo. In questo senso il famoso e glorioso "ciminione" , dove vi erano le turbine,  che si elevava fiero dalle parti dell'odierna rotondina che dava energia all'intero abitato, non solo non andava abbattuto, tra l'altro per farne degli orribili condomini, ma preservato  a futura memoria, per le generazioni successive affinché diventasse motivo di orgoglio e simbolo del progresso e della laboriosità dei loro predecessori. Altro che monumento ai caduti, era questo il monumento che bisognava custodire con cura dal momento che testimoniava la luce, la vita, mentre quell'orribile statua di bronzo seriale, altro non esprime che morte e desolazione quindi il ricordo nefasto di tanto sangue innocente versato per una causa criminale, che andava rimosso affinché in paese non ci fossero più tracce di guerre passate e violenze subite. (Ma non è mai tardi)
Ora San Marco - Sorona ha perduto tutto (prestigio innanzitutto : vari uffici, ospedale, tenenza dei carabinieri, ultimamente risulta anche pieno di debiti tanto da dover dichiarare bancarotta, ecc...) , negli anni si è ridotta da città contadina e artigianale, luogo di cultura ed educazione civica, (dagli inizi del novecento in poi abbiamo avuto giornali periodici, circoli culturali, intellettuali e professionisti di razza,ecc..) punto di riferimento dell'intero Gargano e del sottostante Tavoliere, a bivacco permanente per orde di giovani e meno giovani, che nella totale indifferenza delle autorità, deturpano l'immagine del paese in cui son nati e cresciuti senza bisogno che si nascondano. Una totale mancanza di rispetto e di regole che annichilisce. A ciò si aggiunga un paese in ginocchio senza prospettive, immerso nella oscurità come Sorona, caduto in disgrazia per colpa di mediocri artigiani della politica con gli occhi strabici le cui poche energie disponibili sono state rivolte ai propri interessi personali piuttosto che al bene comune.
cassa armonica sito nella villa comunale distrutto dalla Amministrazione Cera
 






Poi ciò che resta di questo fallimento lo si può vedere giorno per giorno attraversando il paese di lungo in largo, mattina e sera, dove si può scoprire per esempio che in corso Giannone dove, nonostante il divieto di sosta permanente, un lungo serpentone di auto vi parcheggia senza che nessuno provi a far rispettare un minimo di civiltà. Lo stesso dicasi in vari altri punti del paese, ieri come oggi. Il parco giochi vandalizzato ripetutamente da piccoli e adolescenti barbari sotto gli occhi compiaciuti delle loro mamme impegnate in conversazioni intellettuali tra loro per non accorgersi delle gesta eroiche dei loro pargoli. Cresceranno così non c'è rimedio. Allora la visione degli strumenti della gioia infantile divelti, abbattuti, resi inservibili ti spezza irrimediabilmente il cuore, ti crea angoscia. Come la fontanina della vicina villetta a cui si è reso necessario persino aggiungere un cordone protettivo per evitare che venisse anch'essa maltrattata eppure nonostante ciò è sempre sporca di rifiuti per la stessa ragione sopra descritta. Non ultimo la solitudine del chiosco della villa comunale, un tempo centro di vitalità e di ristoro, diventato anch'esso irrimediabilmente e simbolicamente una bandiera a mezz'asta permanente per commemorare il fallimento di una città e di un'epoca.  
Manca soltanto alla lista dei disastri da annunciare il famoso campo sportivo, probabile facile preda per incursioni piratesche, è se finora non è diventato anch'esso un campo di battaglia è soltanto perché qualcuno ha deciso di resistere ad oltranza indipendentemente dagli ordini che ha ricevuto, facendone una questione di principio.Un baluardo a difesa del decoro dell'intera comunità.  
Allora non ci resta che dedicarci all'ascolto del disco dei Perigeo, Abbiamo tutti un blues da piangere, poiché il blues esprime compiutamente tutto il dolore di questo mondo e nel contempo la rassegnazione, il sogno infranto, il turbamento e il disagio di una condizione umana che nulla può fare per arrestare il declino. 
Il disco di Giovanni Tommaso, contrabbassista e leader del gruppo jazz romano, - questo è il loro disco migliore, forse insieme a Genealogia di qualche anno più tardi - , allora vuol essere il mio tributo di sangue e di musica, attraverso il suono del miglior jazz rock italiano che qui si esprime a livello altissimo, e un tangibile atto di riflessione per il nostro futuro negato.
LUIGI CIAVARELLA

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