UN RICORDO DI PINO DANIELE.


A pochi giorni dalla improvvisa morte di Pino Daniele, che tanta emozione ha suscitato in ogni parte del mondo, ho chiesto a Luigi Perta, grande estimatore del cantautore napoletano, di scrivere un ricordo affinché ci si possa ricordare di lui, con affetto e riconoscenza, per quanto egli ha dato alla musica e alla nostra terra del sud. Pino Daniele è stato principalmente un cantautore sensibile, colto e pieno di energie. Ha saputo contaminare la musica della sua terra con elementi di jazz, di soul, di blues attraverso lavori indimenticabili sopratutto nella prima fase della sua carriera di musicista. Voglio ricordare almeno i due migliori album pubblicati tra il 1977 e il 1980, Terra Mia e Nero a metà, per molti considerati i picchi più alti della storia della musica pop italiana dei settanta, e i brani Napoli è, struggente adagio dedicato alla sua città natale,dai sentimenti mai cosi forti ed emozionanti, e la ironica Na tazzulella è caffè, che racchiude in sé tutta la sua napoletanità senza mai scadere nel folklore.          
(Luigi Ciavarella)  
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CIAO PINO
di LUIGI PERTA

Accetto lo stimolo di Luigi Ciavarella a cui chiedevo se avesse preparato qualcosa e che invece prontamente mi ha girato a sua volta la richiesta e farla io.

I miei ricordi di Pino Daniele vengono da lontano: l’acquisto dell’elleppi Schizzichea al Discobolo di San Severo verso la metà degli anni ottanta e la partecipazione con mia moglie e il mio compianto fratello Gianni ad un suo concerto non ricordo bene se a Peschici o a Vieste sempre di quel periodo. Credo comunque che, ancora non realizziamo bene l’immane perdita subita con la sua morte per il panorama musicale italiano intriso di spiccata napoletanità. Unico, originale più di qualsiasi scugnizzo o guaglione rappresentava col canto della sua voce e la sonorità delle sue note, i ritmi e l’atmosfera che promanano dalla Napoli profonda, viva, pulsante di energia, con geniale maestria. Per provare solo ad imitare la sua voce forse si deve ricorrere alla cuccuma di terracotta delle olive da 20 chili, infilandoci la testa dentro per sentire quel sound stridulo e melodico, forte e vibrato , slang e dialettale che ci fa sentire vicini alle nostre origini. Le origini appunto. Pino Daniele ha voluto tributare l’affetto che provava per la sua terra, Napoli, la Campania, e più in generale il Sud con suo primo album “Terra Mia” e da lì un crescendo di successi che l’hanno reso in poco tempo famoso non solo in Italia. Oggi scorrendo le pagine del Resto del Carlino nei vari ricordi che tracciano la sua vita, mi sono soffermato su quello che ha di lui Sergio Tomassone, liutaio dei più grandi artisti italiani che vive e lavora a Bologna, alias “Il dottore delle chitarre”. Ci racconta della passione di Pino Daniele per strumenti poco conosciuti ai più come il “Bouzouki” che non so se sia un “Bazuka”, ma sicuramente ne uscivano suoni di scoppiettante musicalità! E’ strano per uno come me che ha avuto la fortuna di assistere a centinaia di concerti dal vivo dei più grandi cantanti e compositori
che si sono visti negli ultimi 40 anni facendo prima ad elencare chi non ha visto, e mi chiedo come mai Pino Daniele ho avuto il piacere di emozionarmi dal vivo per una sola ed unica volta; nonostante il mio amore oserei dire viscerale per la sua musica e le sue poesie. Trovo singolare pure il fatto che un artista che attingeva a piene mani nel jazz tra i tanti artisti che hanno collaborato con lui non vi sia Teo Ciavarella. Ma queste sono disquisizioni che esulano dal momento di commiato; le lasciamo agli storici della musica. Tornando a ciò che è stato Pino Daniele, possiamo senz’altro affermare che sulla sua strada trovò un mentore che ne apprezzo le qualità dal primo momento che lo conobbe: James Senese, che di rimpiazzo lo mise in band a suonare il basso e non la chitarra nella Napoli Centrale, perché mancava il bassista! E se confrontiamo le foto dell’epoca dove Pino Daniele appare dietro ai vari Tullio De Piscopo, Tony Esposito e lo stesso James con quelle di Piazza del Plebiscito di uno dei suoi ultimi concerti a Napoli, sembra di trovarci in una specie di gioco degli scacchi, dove i pedoni lasciano il posto al Re. Il Re è dietro a tutti, quando però si fa davanti riempie la piazza, fa esplodere il vulcano di gioia dei napoletani e quelli come noi che napoletani si sentono per appartenenza dialettale e suddaiola. Pensate un po’, oggi si inchinano alla sua grandezza persone che lo hanno detestato e che addirittura lo hanno querelato solo perché difendeva con passione anche fuori del contesto musicale il Sud. Ecco perché domani quando realizzeremo col freddo senno di poi il disarmante vuoto che la sua morte lascia, ci sentiremo strozzare in gola e come direbbe lui in musica: “E dimm quacché cosa, nummè lassa accussì……. Ciao Pino
LUIGI PERTA


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