THE BEATLES .... 50 ANNI DOPO

di Luigi Ciavarella
collezione in vinile dell'Autore
Mezzo secolo fa nascevano i Beatles, il rivoluzionario gruppo pop che tutti conosciamo e che servì dopotutto al flusso della musica rock di voltare pagina in un istante particolarmente delicato della sua storia.
Fu Love me do il primo singolo che il gruppo di Liverpool incise negli studi della Parlophone di Londra, l’etichetta che li aveva accolti grazie alla abilità manageriale di Brian Epstein, che un mese prima si era visto rifiutare i provini dalla Decca Records , e che di quel rifiuto la famosa etichetta futura dei rivali Rolling Stones, si morderà le mani ( per la cronaca al loro posto vennero ingaggiati Brian Poole & The Tremeloes, ritenuti “più moderni” dei Beatles ) e  George Martin, che di quel disco è stato il produttore, che aveva assunto la responsabilità del suono a partire da quel momento.   
Il 45 giri non ottenne particolare successo. D’altronde la musica dei Beatles non si discostava di molto dagli standard dell’epoca, soprattutto in un’ area superaffollata di complessi beat ( questo fenomeno assunse la denominazione Merseybeat che prende lo spunto dalla presenza del fiume Mersey che attraversa la città di Liverpool ) che se da un lato è sintomo di una vitalità creativa dall’altra limita invece le possibilità di ciascuno di emergere dal sottobosco. Liverpool è una città portuale, in quel momento molto viva, in forte espansione, soprattutto ricca di contatti con il mondo, come dire un po’ la New Orleans d’Inghilterra capace di assorbire tutte le influenze musicali provenienti dall’esterno.
Oltre al blues, che avrà altri avventori, peraltro spinti sino a Londra, ( nomi d’elite come Alexis korner, Graham Bond, John Mayall e gli stessi Rolling Stones tra gli altri ) il resto assorbirà i ritmi frenetici e il vento della novità del Rock n Roll che, direttamente dagli USA come il blues, arrivano entrambi a fiotti in città, contagiando una generazione giovanile aperta alle novità e pronta ad abbandonare lo skiffle, per esempio, che sino a quel momento è stata la musica dominante in terra d’Albione.
Le origini dei Fab Four hanno proprio l’impronta Skiffle, se è vero che il primo gruppo formato da John Lennon è stato proprio un gruppo che suonava quella musica. Si chiamava The Quarrymen e sostanzialmente si può dire sia stata una band- laboratorio sin dal 1956, poiché vi confluirono, in tempi diversi, sia Paul Mc Cartney che George Harrison, dando così una prima impronta alle origini del gruppo.
L’esordio ufficiale con la sigla Silver Beatles avviene in Germania, ad Amburgo nel 1961, suonando, come molte band proveniente dall’Inghilterra in cerca di notorietà, nei posti più strani, compreso in ambienti a luci rosse.
Il batterista era Pete Best, che verrà sostituito in seno al gruppo alla vigilia del vero esordio discografico dei Beatles da Ringo Starr ma, per la cronaca, non sarà lui a sedere dietro ai tamburi durante la registrazione del primo storico 45 giri citato.
il primo album, Please Please Me, seguì di poco la pubblicazione di Love Me Do, il singolo d’esordio pubblicato il 3 ottobre 1962, e contiene 14 brani che trattano temi adolescenziali, spensierate armonie che non lasciano significative tracce. Per avere riscontri efficaci e originalità bisognerà attendere che la premiata ditta Lennon-McCartney inizi a scrivere canzoni, dopodiché la carriera dei quattro di Liverpool sarà tutta in discesa.
Infatti a partire dal successivo A Hard Day’s Night, soundtrack di un filmetto imperniato sui pruriti giovanili del momento, diretto dal giovane Richard Lester, il mito Beatles decolla in maniera impressionante. Tutti i brani dell’album vengono emessi in formato 45 giri e tutti godono di un successo senza precedenti, raggiungendo indistintamente la vetta di Billboard.
Inizia da quell’istante il mito dei Beatles, cioè di qualcosa di completamente nuovo che investe il mondo. Una isteria collettiva che non ha eguali nel mondo della musica giovanile ; fatti di costume e di moda che interagiscono con la musica, investono il mondo giovanile e tutti i loro concerti, sino al 1966 data in cui porranno fine per loro volontà, saranno avvenimenti che nulla avranno a che fare col normale svolgimento di fatti legati alla musica.
La beatlesmania, cosi viene etichettata quest’onda d’urto che investe tutto il mondo giovanile del pianeta, avrà il suo apice con la definitiva conquista del floridissimo mercato americano ; il suo epilogo valutato in termini finanziari come una delle imprese più produttive del pianeta, giovando in questo modo alle casse del regno Unito ( che in quel momento naviga in cattive acque ) ed è per questa sostanziale ragione che la regina d’Inghilterra vorrà insignirli del grado di baronetti, creando di conseguenza una frattura profonda sia nel mondo della nobiltà inglese che tra i fans del gruppo, suscitando forti polemiche in entrambi i campi.
A ciò si aggiunga l’infelice frase di John Lennon quando dichiarò che i Beatles erano più famosi di Gesù Cristo, suscitando anche in questo caso le proteste di milioni di credenti in tutto il mondo.
Il vertice della popolarità avviene con Rubber Soul, seguito di un'altra colonna sonora, Help, ( in italiano Tutti per uno ), forse il disco più importante dei  Beatles, superiore per alcuni finanche a Sgt. Pepper, per l’approccio moderno nell’insieme e la presenza nel disco di brani epocali come Michelle, Girl, Norwegian Wood ( per la prima volta George Harrison vi suona il sitar ) e per In My Life, superba fiaba sulle note di una suggestione folk, con l’incredibile George Martin che tira fuori dal piano il suono di un clavicembalo.
Revolver, fu altro tassello importante del percorso beatlesiano, anch’esso pieno d’altri brani memorabili a partire da Taxman scritta da George Harrison e posta in apertura dell’album, subito seguito forse dal brano più famoso dei Beatles dopo Yesterday, quella Eleonor Rigby che ancora oggi vive nell’immaginario del mondo intero ;  dopo verrà pubblicato il famoso Sgt.Pepper’s Lonely Hearts Club Band, come dire il contributo dei Beatles all’arte psichedelica, omaggio sincero alla Swinging London imperante in quell’anno fatidico 1967 e massima espressione del rock dei sessanta in Inghilterra. Vi sono episodi storici che rivelano un gruppo adulto, consapevole del loro ruolo nel mondo ma anche artefici di una apoteosi strutturale che spinge il rock in avanti dandole una patina di modernità e dignità mai finora azzardata da nessuno e che trova nel brano A Day in The Life il momento più alto della loro idea di musica.
Con questo disco termina il rapporto fruttuoso ( e redditizio ) Lennon-McCartney, screzi inevitabili minano la stabilità del gruppo. Una certa stanchezza vi subentra e sarà letale d’ora in avanti per le sorti del gruppo più famoso e popolare del mondo.
Il White Album, chiamato cosi perché ha una copertina completamente bianca, offre spazio a ciascuna voce in seno al gruppo, facilmente individuabili tra i solchi del doppio album in termine di stile e di scrittura, tanto per Paul McCartney che da voce ad un suono più armonioso mentre Lennon da sfogo alle sue velenose invettive contro il mondo, aspre e lunatiche, mentre Harrison si ritaglia da se un piccolo spazio sufficiente per dare varietà d’intenti all’ opera, che rimane uno dei vertici del complesso nonostante la vistosa presenza dei primi scricchiolii che preludono la fine.
Infatti il successivo Abbey Road, del 1969, è l’ultimo capitolo di una discografia che  ha pochi eguali nella storia della musica rock, ultimo disco ancora baciato dal successo che preserva al suo interno alcune perle che si discostano di poco dallo stile espresso nel album precedente. Resta famosa la copertina che li immortala nell’atto di attraversare le famose strisce pedonali in Abbey Road, ma anche alcuni brani contribuisco a rendere l’album ( per esempio Something e Here Comes The Sun di George Harrison) molto appetibile sul piano complessivo del suono.
Quando esce l’ultimo album ufficiale, Let It Be, nel 1970, i Beatles non esistono già più. Il disco è un collage di brani registrati in precedenza e assemblati da George Martin senza che i quattro vi avessero partecipato alla produzione. John Lennon aveva già formato la Plastic Ono Band e si accingeva a incendiare il mondo mentre il restanti avevano già preso le loro strade solistiche fatte di carriere modeste all’interno dello show business senza nulla aggiungere al glorioso passato.   
A distanza di cinquant’anni da quel debutto il mito dei Beatles è più che mai vivo anzi sembra che col tempo la loro musica rinvigorisca, a dispetto dei pochi denigratori che li vorrebbero morti e sepolti. 
LUIGI CIAVARELLA

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